Per salvarsi dall'ennesimo naufragio, la sinistra radicale guarda al Movimento 5 Stelle. Le aperture al dialogo con i grillini c'erano state già in campagna elettorale. Ma adesso, dopo la batosta di una settimana fa - e mentre Luigi Di Maio ribadisce il «noi abbiamo aperto a tutte le forze politiche», avvertendo però che «tutti dovranno parlare con noi a meno che non decidano di fare un governo con tutti contro di noi, ma a quel punto prepariamo i pop corn perché sarebbe la loro fine» - la lista Liberi e Uguali gioca a carte scoperte. «È necessario ascoltare in Parlamento le proposte del Movimento 5 Stelle, senza chiedere nulla, ma per far sì che un governo parta», ha detto il segretario di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni (che ieri si è dimesso dall'incarico, anche se le sue dimissioni sono state rifiutate dalla direzione nazionale di Si). E anche da Mdp, l'altro troncone di Leu guidato da Pietro Grasso, si sprecano le aperture al dialogo con Luigi Di Maio: «Lì c'è un pezzo del nostro mondo. Il confronto è necessario a verificare la possibilità di avere un programma comune», ha spiegato ieri al Corriere Massimo D'Alema. Complici le analisi dei flussi elettorali pubblicate nel corso dell'ultima settimana, si allarga il fronte di chi vede nel Movimento Cinque stelle una reincarnazione della vecchia sinistra. Secondo l'istituto di sondaggi Swg, il 35 per cento degli elettori che nel 1987 votò per il Pci oggi ha scelto i 5 Stelle, mentre il 32 per cento ha votato per il Pd.
La sinistra radicale ha eletto 18 parlamentari in tutto, ed è a rischio irrilevanza. La tentazione di avvicinarsi ai pentastellati è forte. Specialmente in Si, convinta di potersi sedere a trattare con il Movimento. Se Di Maio dovesse ricevere l'incarico di formare il nuovo esecutivo, «credo che Leu debba vedere se c'è convergenza sulle priorità, e se ci fosse troverei naturale sostenere il governo, restandone fuori», scandisce l'ex numero uno della Cgil Sergio Cofferati. Ma l'appoggio in Parlamento dell'ultra sinistra non sarebbe sufficiente a risolvere i problemi dei 5 Stelle. Soltanto alla Camera, i grillini avrebbero bisogno di quasi 100 parlamentari per raggiungere la maggioranza assoluta. La lista nata per recuperare gli elettori in libera uscita dal Pd ha eletto solo 14 deputati e 4 senatori.
Per questa ragione, alcuni esponenti di Leu sperano di ricucire con il Pd. O meglio, di fare da pontieri tra il Partito democratico e i grillini, conquistando un'insperata centralità. Per fare questo, si conta sull'apporto di Pietro Grasso, figura istituzionale in ottimi rapporti con il capo dello Stato. Il deputato Stefano Fassina benedice una maggioranza Leu-Pd-M5S, mentre il suo collega Erasmo Palazzotto promette dialogo sia con i dem che con i pentastellati. Nel Pd, la situazione è in evoluzione. L'ala renziana chiude al dialogo con Di Maio, ma per capirne di più si dovrà attendere almeno la direzione di domani, nella quale sarà formalizzato il passo indietro del segretario. I sogni di gloria degli eredi di Nichi Vendola si scontrano però con il cattivo risultato venuto fuori dalle urne. «I nostri numeri sono talmente risicati che è del tutto ininfluente la nostra posizione in Parlamento», commenta un esponente di Mdp. In queste condizioni, ipotizzare un ingresso in maggioranza «rischia di essere un esercizio accademico. Verificheremo le convergenze programmatiche in Parlamento».
Ma a sinistra la tentazione di un'intesa con i grillini si avverte soprattutto nelle dichiarazioni rese da alcuni
personaggi pubblici. Eugenio Scalfari ha definito uno «scherzo» le sue parole sul M5s «grande partito della sinistra moderna». Ma per Pif, regista e conduttore tv, è «obbligatorio» fare un tentativo di alleanza con i 5 Stelle.
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