Per ora è solo un tweet. Quindi poco più di nulla. Ma la Storia insegna che dal «nulla» (apparente) al tutto (reale) il passo può essere breve. Col rischio di una «distorsione orwelliana della storia», tanto per citare un'espressione suggestiva di Francine Hirsch, professoressa di geopolitica all'Università del Wisconsin-Madison.
Ma di cosa stiamo parlando? L'ipotesi è quella di un «tribunale militare, ispirato a Norimberga, con imputati i prigionieri dell'acciaieria Azovstal di Mariupol». Il paradosso sarebbe comico se non fosse tragico: gli invasori russi che - accreditandosi come vittime degli ucraini (cioè il popolo invaso) - processano le milizie di Zelensky «colpevoli» di difendere la propria nazione dall'aggressione dell'esercito di Putin. Insomma, un totale capovolgimento dello scenario bellico, con i carnefici che vorrebbero portare alla sbarra come «criminali di guerra» quanti fronteggiano le truppe di zar Vlad. Sembra incredibile, ma è proprio questa l'opzione citata dall'inglese Guardian che avrebbe intercettato il messaggio Whatsapp di un ex diplomatico russo: «Siamo preparati a un Norimberga 2.0». Al quotidiano britannico, fonti diplomatiche vicine al Cremlino avrebbero poi «confermato le intenzioni dei delegati di Mosca nel Donbass su cosa fare dei prigionieri militari fatti finora».
Ed è in questa fase che sarebbe spuntata l'idea di «avviare un processo spettacolare, sulla falsariga di quello che nel 1946 giudicò i vertici della Germania nazista»; un «processo-farsa» teso a «giustificare davanti al mondo l'operazione militare della Russia finalizzata alla denazificazione dell'Ucraina». Come se - il «mondo» - fosse popolato da una massa di ingenui, incapace di comprendere la verità ormai sotto gli occhi di tutti.
Ma la macchina di falsificazione di Mosca continua a marciare a fari spenti, sognando di travolgere i miliziani nazionalisti del Battaglione Azov, fatti prigionieri nella resa dell'acciaieria di Mariupol.
«Stiamo progettando di organizzare un tribunale internazionale sul territorio della repubblica. Un modello cui ispirarsi potrebbe essere il Processo di Kharkiv del 1943, quando l'allora esercito sovietico processò, condannò e giustiziò tramite impiccagione tre tedeschi e un ucraino», spiega Denis Pushilin, il leader di un territorio controllato dalla Russia nella regione di Donetsk.
Gli analisti non prendono sottogamba il progetto «Norimberga 2.0». Ciò per due ragioni sostanziali: una di ordine propagandistico, l'altra più puramente pragmatica: «Il fatto che Putin - sottolineano gli osservatori - abbia escluso categoricamente la possibilità di uno scambio tra i prigionieri ucraini e oligarchi russi ostaggi di Kiev, rende percorribile la strada del processo-show».
Una risposta di tipo autoritario alla - presunta (molto presunta) - «legittimità» della corte ucraina che giorni fa ha condannato all'ergastolo il primo soldato russo, il sergente Vladim Shishimarin, 21 anni, per crimini di guerra durante il massacro di civili a Bucha: un processo grottesco, com'è grottesca l'illusione di portare alla sbarra per via giudiziaria l'orrore della guerra e i suoi interpreti. Intanto la diplomazia europea continua la sua difficile trattativa. Ieri, durante un colloquio telefonico con Putin, il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz hanno chiesto la «liberazione dei 2500 difensori di Azovstal fatti prigionieri dalle forze russe».
I due leader occidentali hanno quindi «ribadito l'esigenza di un cessate il fuoco»,
invitando il capo del Cremlino a «un dialogo diretto con Zelensky». Il presidente russo «avrebbe espresso la propria disponibilità al dialogo con Kiev». Auspicio già evocato decine di volte. Ma puntualmente rivelatosi un bluff.
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