Recep Tayyp Erdogan - ormai è chiaro - se ne frega. Distribuisce senza problemi le foto degli oppositori denudati, ammanettati e gettati nella polvere. Lascia trapelare senza vergogna la contabilità dei circa diecimila arrestati. E a chi gli chiede della pena di morte fa intendere di pensarci con molta attenzione. Eppure da Roma a Bruxelles continuano a implorarlo. Paolo Gentiloni gli ricorda con cortese sollecitudine che «tra i principi dell'Unione Europea c'è l'abolizione della pena di morte». Federica Mogherini gli ripete che «nessun paese può diventare membro della Ue se introduce la pena di morte». E Angela Merkel reitera il minuetto: «Siamo categoricamente contro la pena di morte. Chi la pratica non può essere membro della Ue». Ma ormai è chiaro, a lui dell'Europa non frega più niente. Anzi vuole tenersene alla larga. Il suo progetto, dopo il fallito golpe di venerdì, va in tutt'altra direzione e punta a cinque obbiettivi fondamentali per garantirsi il potere assoluto e restituire alla Turchia il suo antico volto di potenza islamica. Cinque obbiettivi difficilmente realizzabili restando con un piede in Europa.
Il presidenzialismo
I risultati del voto dello scorso novembre, seppur migliori di quelli dello scorso giugno non soddisfano un Erdogan deciso a metter le mani su due terzi dei seggi parlamentari. Solo quel risultato gli consentirebbe di modificare la Costituzione in chiave presidenziale ed attribuirsi i pieni poteri. Le purghe lanciate in questi giorni puntano anche a questo. Garantendogli il pieno controllo delle istituzioni gli consentiranno di varare una legge elettorale più «favorevole» o, alla bisogna, di «addomesticare» il voto.
Addio Costituzione laica
Il pieno e totale controllo del Parlamento è fondamentale anche per la seconda grande riforma, ovvero la cancellazione dei principi sulla laicità dello stato introdotti da Ataturk. Quei principi hanno impedito, negli ultimi 14 anni, qualsiasi marcata involuzione islamista. Ma godendo dei pieni poteri presidenziali, controllando il Parlamento, non dovendo più far i conti né con l'opinione pubblica né tantomeno con i militari Erdogan potrà permettersi di cancellare la costituzione laica e sostituirla con una basata sui principi del Corano.
La Repubblica Islamica
Negli anni 70 Erdogan inizia la sua carriera tra le fila di quel partito fondamentalista di Necmettin Erbakan che per primo porta la Fratellanza Musulmana in Turchia. Dopo la caduta del regime di Morsi, Erdogan accoglie i Fratelli Musulmani in fuga dall'Egitto e riceve il capo di Hamas Khaled Meshaal. I rapporti sempre più evidenti tra Erdogan e la Fratellanza Musulmana potrebbero portare in futuro all'introduzione dei principi musulmani nella Costituzione e alla trasformazione della Turchia in una Repubblica Islamica.
La potenza ottomana
L'ex premier Ahmet Davitoglu, che prima di venir fatto fuori da Erdogan ne è stato l'eminenza grigia, aveva instillato nel presidente i principi del «neo ottomanesimo» ovvero del ritorno ad una potenza turca in grado di governare il Medio Oriente. Erdogan, oltre a influenzare la situazione in Libia, alimenta da anni il conflitto siriano appoggiando sia l'Isis, sia i gruppi jihadisti sia quelli alqaedisti. Il suo prossimo obbiettivo è arrivare ad una alleanza sempre più stretta con il Qatar e ai Fratelli Musulmani per contrapporsi al blocco sciita di Iran, Siria e Iraq e far concorrenza - dentro lo schieramento sunnita - ad Arabia Saudita ed Egitto.
Obbiettivo Curdi e Siria
Lo stretto rapporto con la Nato e con l'Europa che obbliga Ankara a prendere le distanze - almeno ufficialmente - dallo Stato Islamico e dai gruppi della jihad più estremista lega le mani ad Erdogan.
Svincolandosi da Bruxelles e allentando i rapporti con la Nato il Sultano punta a colpire con ancor più decisione i curdi e intervenire direttamente sul territorio siriano per chiudere definitivamente la partita con Bashar Assad.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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