Ogni ora potrebbe essere quella in cui si decide se i missili americani colpiranno gli obiettivi siriani. Ma non è detto che sia quella fine del mondo che viene profetizzata dalla maggior parte dei media. È vero, Donald Trump grida, twitta risoluzioni che andrebbero presentate con giacca e cravatta, minaccia, usa espressioni poco fini all'orecchio educato dei giornalisti e degli intellettuali europei. Ma su questo piove un giudizio politico esagerato e minaccioso, poco elaborato, e quindi, in una parola, molto conformista. L'Europa si muove con più cautela ma capisce che Trump ha ragione quando minaccia di colpire Assad: la Germania resta fedele al suo storico ritegno post seconda guerra mondiale, e la Merkel promette solo di «segnalare» l'uso di armi chimiche, ma Macron, anche se ancora non ha deciso, lascia pensare che al solito la Francia mobiliterà l'esercito, e Theresa May ha spostato due suoi sottomarini verso la Siria. L'Italia senza governo condanna l'uso di armi chimiche, ma non si schiera sulla falsariga di Berlino.
Nice (carini), new (nuovi), smart (intelligenti), i missili annunciati che «arriveranno in Siria» contro «quell'animale che usa il gas per uccidere» sono già in realtà da quelle parti. L'avvertimento alla Russia fa sentire sull'orlo di una crisi bellica mai vista e gli animi eccitati danno del pazzo a Donald Trump. Ma non è affatto pazzo: se esaminiamo le sue decisioni, in 16 mesi ha rovesciato la politica di Obama, ma non ha rovesciato l'ordine mondiale in senso bellicistico. La guerra c'era, la presenza russa e iraniana l'hanno resa fatale perché Assad è peggiore dell'immaginabile, e per necessità ambedue lo sostengono. Trump annuncia una reazione degli Usa e dei loro alleati contro un dittatore che oltre ad aver fatto fuori centinaia di migliaia di persone, ha fatto uso di un'arma abbietta, che non solo uccide, ma uccide fra tormenti anche bambini e neonati. Duma è stata «liberata» col gas, Assad e i suoi festeggiano per le strade la strage. Trump da presidente della più grande potenza mondiale, prende responsabilità dell'uso del gas. Contesta alla Russia il suo sostegno ad Assad, segnala la sua insofferenza per le alleanze strette con lui e critica la Turchia, che ha appena partecipato a un summit di spartizione.
Come ha scritto il famoso storico militare Victor Davis Hanson viviamo, per Trump, in due mondi: quello fattuale, e quello dell'ansia e delle fantasie zelote, come del resto tipico dell'antiamericanismo. Se si pensa a quel che è stato il mondo in questi anni, il conflitto lo domina: sei guerre mediorientali, 20 anni di terrorismo palestinese che si sviluppa in terrorismi di ogni genere fino alla guerra islamista dell'Isis, l'11 settembre, i genocidi del Rwanda, della Cambogia, dei Balcani, le minacce nucleari di Pakistan e Corea del Nord, la marea degli immigrati che ha distrutto i confini europei, la guerra russa in Ucraina e in Crimea. Trump si è trovato in un mondo terremotato, e ha agito: l'Isis è distrutto, la Nato è meglio finanziata, i sauditi stanno riformandosi, Israele è tornato un alleato. Il mondo non rischia affatto di prendere fuoco più che al tempo di Obama: semmai sia la Nord Corea sia l'Iran, i due Paesi più pericolosi, ci pensano due volte prima di giocare pesante.
Se Trump usa i suoi missili contro Assad, starà attento a evitare obiettivi russi. Quanto all'Iran, la variante israeliana gioca per suo conto: nel giorno della memoria della Shoah, Netanyahu ha ribadito che il popolo ebraico non accetta che un Paese che giura la sua distruzione sieda sui suoi confini e costruisca le sue strutture per la guerra.
Anche Israele, se gli iraniani dovessero rispondere come promesso all'attacco all'aeroporto T4 in Siria, starà attento, agendo, a evitare i soldati russi di stanza in Siria. È difficile immaginare che Assad come Saddam Hussein nel '91 risponderà a un attacco americano colpendo Israele. Se dovesse accadere, Assad sa che ha concluso la sua carriera.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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