Un minuto di ululati e fischi. Non proprio un'accoglienza amichevole quella riservata a Baltimora da una platea di studenti delle scuole superiori a Melania Trump, attesa ospite di una conferenza sui pericoli della droga e sull'allarme per la diffusione degli oppiodi anche tra i giovanissimi. Una contestazione che non ha scosso la first lady, forse giusto un attimo all'inizio quando - sommersa dai fischi della folla nell'attraversare il palco - ha ripetuto due volte il saluto. Poi non si è scomposta e ha tenuto il suo discorso a braccio. Mormorii e mugugni ne hanno accompagnato l'intero intervento, poi la contestazione è tornata a farsi sentire anche all'uscita dalla sala.
Melania, con un'eleganza rara per politici di ogni latitudine, non ha espresso una parola non solo di condanna ma nemmeno di disapprovazione. Anzi. A sera dalla Casa Bianca ha dettato un comunicato per sottolineare come: «Viviamo in una democrazia e ognuno ha diritto alla propria opinione». Ricordando il punto del suo intervento, parte del suo programma Be Best: «Resta il fatto che abbiamo una vera emergenza in questo Paese e resta il mio impegno a educare i più giovani ai rischi e alle conseguenze mortali dell'abuso di droghe». Toni concilianti, distanti pure da quel «disgustosa e infestata dai ratti» regalato in estate da Donald Trump alla città del Maryland, storico feudo democratico dal 1967. Un posto, aveva chiosato il presidente, «dove nessun essere umano vorrebbe vivere». Sua moglie ci è andata, ha incassato i fischi senza battere ciglio e ha persino lodato la democrazia.
Un piccolo segno che trova le sue radici nel principio fondante degli Stati Uniti, quella libertà garantita a tutti sancita dal primo emendamento. Un richiamo da parte di chi - come la first lady - americana non è (non di nascita almeno) ma forse proprio per questo quel principio lo sente ancor più importante. Lo stesso a cui si sono richiamati nei giorni scorsi prima il Congresso e poi la Camera di Washington quando hanno approvato quasi all'unanimità il disegno di legge in difesa dei manifestanti di Hong Kong e di condanna verso l'uso della violenza di Pechino.
Baltimora non è Hong Kong. I fischi e gli ululati sono ben diversi da barricate, molotov e frecce incendiarie lanciate con la balestra dal tetto del Politecnico assediato da oltre una settimana.
Da una polizia in difesa dello status quo del Dragone passata da lacrimogeni e proiettili di gomma, a mitra e fucili semi-automatici non solo esibiti. Ma usati contro i ragazzi anche da pochi metri. I fischi non sono proiettili, ma la costruzione di una grande democrazia passa anche da un piccolo dissenso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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