Roma - La legge di Bilancio è ferma, blindata nelle stanze di Palazzo Chigi per inevitabili limature tecniche, ma anche e soprattutto in attesa di notizie «a margine» del Consiglio europeo iniziato ieri a Bruxelles. Il premier Matteo Renzi è andato nella capitale Ue soprattutto per trattare con l'ala dura della Commissione, quindi con lo stesso presidente Jean Claude Juncker, con l'obiettivo di ottenere una via libera il più possibile ampio alla legge di Bilancio. Legge che, per quanto riguarda i numeri, è lontanissima dagli obiettivi concordati con l'Europa e anche dalle ipotesi di compromesso alle quali in questi mesi aveva lavorato il ministero dell'Economia.
Consapevole di non potere incassare tutto, Renzi ha messo in conto delle modifiche della «finanziaria» che non siano troppo clamorose agli occhi degli elettori. Ma il tentativo che sta mettendo in campo in queste ore è quello di proporre uno scambio all'esecutivo europeo e ai governi dell'Unione (il Consiglio è l'organismo che rappresenta i singoli Stati).
Lo scambio consiste nel chiudere un occhio sul flop europeo dei migranti e chiedere in cambio una via libera ai conti presenti nella legge di Bilancio.
In altre parole, da una parte un mezzo silenzio sul fatto che l'Italia sta affrontando in perfetta solitudine i flussi migratori del Mediterraneo centrale, fare finta di niente sulla chiusura dello spazio Schengen di libera circolazione, con gli Stati confinanti dell'Ialia che hanno ripristinato le frontiere. Passare sopra il fatto che il piano di redistribuzione degli stessi richiedenti asilo o aspiranti rifugiati è miseramente fallito. Dall'altra parte un occhio chiuso sulle spese in deficit e sulle una tantum della legge di Stabilità italiana.
Uno scambio che il governo non vuole rendere più di tanto esplicito. Gli svantaggi di avere in carico un intero flusso di migranti verso l'Europa sono ben presenti agli italiani. I vantaggi economici della manovra, un po' meno.
In secondo ordine, se questa strategia dovesse fallire, la seconda richiesta di Renzi è che tutte le possibili ripercussioni di una legge fuori dalle regole Ue siano rinviate a dopo il voto. Dalla Commissione potrebbe arrivare subito una lettera di richiamo. Poco male dal punto di vista del governo, che potrebbe anche giocarla come una carta anti europea in chiave referendaria.
L'importante è che non arrivi la richiesta di una correzione dei conti prima del voto. Terza opzione per l'esecutivo italiano, è quello di seguire le indicazioni della Commissione, almeno in parte e ridurre, anche di poco, il deficit.AnS
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