È uno degli uomini più vicini a Vladimir Putin, nei suoi libri rivaluta Stalin e teorizza la superiorità russa («abbiamo un cromosoma in più») rispetto alle decadenti democrazie liberali dell'Occidente. Eppure Vladimir Medinskij, ex ministro della cultura e attuale capo della delegazione di Mosca ai colloqui di pace con l'Ucraina, resta, per il momento, tra i docenti onorari dell'Università Ca' Foscari di Venezia.
Dopo una lunga riflessione e qualche dubbio, il Senato Accademico veneziano, guidato dalla sinologa Tiziana Lippiello, ha stabilito di limitarsi a sospenderlo. E, anzi, gli ha rivolto un invito da colleghi a collega: «Il Senato accademico auspica che il professor Medinskij possa contribuire, nel ruolo politico che attualmente riveste, a far prevalere la ragione e a far tacere le armi, lasciando spazio al dialogo e alla riconciliazione».
La decisione ha suscitato le proteste del ramo italiano di Memorial, l'associazione per i diritti umani fondata in Russia da Andrei Sacharov (e messa fuorilegge da Putin qualche mese fa): «Esprimiamo tutta la nostra indignazione», spiega il presidente Andrea Gullotta, docente di Studi Russi all'Università di Glasgow. «E ci rivolgiamo al Ministero dell'Università e a quello degli Esteri perchè revochino la Honorary Fellowship concessa nel 2014».
Già allora l'onorificenza provocò un'ondata di proteste. «Medinskij sostiene tesi e interpretazioni inaccettabili, in più è stato al centro di una serie di casi di plagio», prosegue Gullotta. «Ci si chiede, tanto più oggi, se un'istituzione pubblica debba farsi portavoce di posizioni illiberali».
Nel 2014, subito dopo l'invasione dell'Ucraina, per dribblare le contestazioni di docenti e studenti, si mosse la pro-rettrice in persona, Silvia Burini: con un gesto davvero inconsueto, volò a Mosca per consegnare personalmente a Medinskij il titolo. Travolta dalle polemiche, la Burini, che a Ca' Foscari dirige, oggi come allora, il Centro Studi sulle Arti della Russia (CSAR), dovette dare le dimissioni da pro-rettrice. Qualche mese dopo ebbe la soddisfazione di essere premiata da Vladimir Putin, che in una cerimonia al Cremlino le consegnò la prestigiosa medaglia Pushkin.
In quegli anni Medinskij, con l'incarico di Ministro, aveva il compito di epurare e normalizzare le istituzioni culturali del Paese: licenziò anche il curatore del padiglione russo alla Biennale dell'architettura di Venezia che aveva espresso dubbi sulla politica di Mosca in Ucraina.
A fine 2019 ha lasciato il Ministero ed è stato chiamato a dirigere la Società di Storia militare, l'ente incaricato di riscrivere l'identità nazionale russa con nuovi testi e
nuovi curriculum scolastici. Anche grazie a Medinskij Putin ha maturato la sua visione sul grandioso destino imperiale della Russia. Ora i professori di Ca' Foscari sperano che si converta, folgorato sulla via di Damasco.
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