Duecentomila. È l'obiettivo minimo segnato sul calendario di marzo del governo: raddoppiare le dosi giornaliere. Via, dunque, la struttura del supercommissario Domenico Arcuri, liquidato in un amen. Avanti la Protezione civile e l'Esercito che entra nella stanza dei bottoni con il generale Francesco Paolo Figliuolo, relegando nelle retrovie le regioni. La Protezione civile, con i suoi trecentomila volontari collaudati sul campo di infinite emergenze, e l'esercito, con la sua struttura militare, sono la soluzione più ragionevole per riprogrammare la macchina mezza inceppata. «Se oggi - sintetizza brutalmente un pezzo grosso della task force lombarda - arrivassero milioni di dosi non sapremmo come fare».
Dunque, i tecnici si confronteranno con la realtà esistente, e quindi con la babele dei ventuno piani locali, ma è chiaro l'intento di centralizzare e uniformare tutti i meccanismi, proponendo un modello unico. Senza dimenticare la prevenzione, altro compito arduo per il neocommissario. Sul piano logistico e organizzativo sono in arrivo competenze e professionalità che prima venivano cercate con grande difficoltà dalle singole regioni; ora si metterà in moto un apparato imponente e collaudato, anche se l'impiego delle divise è ancora tutto da definire, abituato a rispettare le gerarchie ma non impantanato nei vincoli burocratici.
Insomma, soldati e volontari - magari almeno all'inizio in affiancamento a quelli già operativi - parleranno tutti la stessa lingua, imparata nei teatri di guerra e sulla prima linea di calamità naturali che non ammettono tentennamenti e incertezze. L'Italia va finalmente alla guerra delle vaccinazioni. Probabilmente, se i numeri saliranno come tutti auspicano, le somministrazioni avranno luogo nei Palazzetti dello sport, evocati da settimane ma ancora sullo sfondo. E poi un po' ovunque, abbandonando la grandeur di cartapesta delle Primule. Certo, non vanno sottovalutate insidie e criticità nelle fasi del circuito che porta fino alla puntura. Molte regioni hanno procedure lente, farraginose o comunque non all'altezza dei flussi: il Lazio, realtà virtuosa, è riuscito a comprimere i tempi nel momento decisivo, quando il cittadino si presenta nel luogo indicato per ricevere la dose. Si lavorerà dunque per migliorare la tempistica e semplificare tutta la complessa catena.
Si arriva così ad un altro dei nodi da sciogliere: il reclutamento di medici e infermieri in grado di effettuare le punture. Oggi i tecnici scarseggiano, forse perché i bandi di Arcuri erano costruiti con una logica al ribasso. Ora la prospettiva potrebbe cambiare con l'arrivo dei medici volontari del corpo guidato da Fabrizio Curcio. Non solo. Nei giorni scorsi il Capo di Stato Maggiore Salvatore Farina aveva dato a sua volta un segnale preciso: «L'esercito - aveva detto al Corriere della sera - è pronto a vaccinare senza sosta». Con 900 uomini, fra camici bianchi e infermieri, già schierati, 140 drive-through per i tamponi che potrebbero essere riconvertiti per l'immunizzazione e un punto vaccini già aperto a Milano e frequentato quotidianamente da 1.300 persone. A questo si aggiunge l'aiuto che dovrebbe essere dato dai medici di base, anche se fra gli esperti aleggia lo scetticismo: ritaglieranno qualche ora per questo incarico extra e stop.
Insomma, nulla è scontato, anche perché il generale Figliuolo, finora responsabile logistico dell'Esercito, prende il comando delle operazioni non a bocce ferme, ma con la campagna in pieno svolgimento, ereditando un mezzo fallimento. Raddoppiare le dosi giornaliere non sarà facile, ma questo è solo un obiettivo intermedio. Ben altre sono le ambizioni del Governo che vorrebbe spingere in tempi ragionevoli l'asticella molto più in alto. Fino a seicentomila dosi nelle 24 ore.
Per questo è possibile che il sottosegretario all'intelligence Franco Gabrielli, grande sponsor di Curcio, riceva una delega anche per la pandemia. Centralizzando ancora di più un guerra che sarà guidata da Roma e non più dalla periferia. A maggior ragione dopo le sentenze della Consulta che ha affidato una volta per tutte il boccino all'esecutivo.
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