Il linciaggio dell'agente segreto cacciato per l'incontro con Renzi

L'ipocrisia sul pensionamento di uno 007 della vecchia guardia

Il linciaggio dell'agente segreto cacciato per l'incontro con Renzi

L'ultimo agente segreto della vecchia guardia, Marco Mancini di 61 anni, se ne è andato. O meglio dismesso, costretto al pensionamento anticipato. E così dunque si chiude una fase di revisione della nostra intelligence che aveva già visto la sostituzione del generale Vecchione, uomo di fiducia di Conte, con la qualificatissima ambasciatrice Elisabetta Belloni, prima donna a capo dei servizi in Europa. Ma poiché l'ultimo ad andarsene è l'ex carabiniere Mancini già protagonista di storie e storiacce degli anni passati, ieri abbiamo assistito alla riedizione di uno spettacolo già visto: il linciaggio del caduto, o del licenziato, o comunque eliminato. Che fegato. Quanta carica etica. Confesso: io non ho mai conosciuto Mancini e non ho sviluppato nemmeno una particolare simpatia.

Però so da quando faccio il giornalista che questi uomini e donne, che servono i servizi e i governi, in ogni Paese anche il più democratico, sono prima o poi invischiati in storie e storiacce che li scaraventano nelle cronache, nelle corti di giustizia, sotto i fari del cosiddetto quinto potere, che sarebbe quello della stampa. Ora, è vero: i giornalisti dovrebbero fare inchieste anziché farsi imbeccare da giudici e compari politici, ma ogni eroismo professionale cessa nel momento in cui si lapida uno che è già caduto, che ha già perso la carriera (avrebbe potuto fra qualche mese diventare vicedirettore come premio, se non altro allo stress). Ma certamente è da codardi profittare della loro cacciata, o pensionamento anticipato, per darsi freneticamente al moralismo d'accatto, trincerati in articolesse fumosamente soliloquenti e ipocrite.

Mancini era un carabiniere, ha fatto quel che lo mandavano a fare ed ha anche avuto guai e condanne della giustizia. Quasi tutti gli uomini dei servizi incappati nelle storiacce di cronaca hanno avuto guai che non li rendono più amabili, ma nemmeno diabolici. Prendiamo l'ultimo fatto: il famoso colloquio alla luce del sole in mezzo a un parcheggio del casello autostradale di Fiano alle porte di Roma. Mancini parlava con Matteo Renzi (nel tondo). Che si saranno detti? Mah. Segreti innominabili. O forse considerazioni sul freddo, non sappiamo. Fatto sta che guarda caso proprio quel giorno e in quel posto sperduto ma pubblico una telecamerina filmava e riportava alla trasmissione Report che ne faceva giustamente dal punto di vista della cronaca - un grande caso.

Che ci faceva un ex capo del governo in un parcheggio alla luce del sole? La Storia si interrogherà a lungo. Mancini fu davvero al centro di eventi drammatici, come la liberazione della giornalista Giuliana Sgrena che costò la vita al funzionario Nicola Calipari e finì anche lui sotto i riflettori e nei fascicoli dei magistrati. E fu coinvolto nel preteso (ci sono molti dubbi) rapimento da parte della Cia di un iman milanese sospettato di far parte di al-Qaeda, di nome Abu Omar.

Ma nessuno fra questi leoni della notte ha mai letto Conrad? O Graham Greene? Gli inglesi, giornalisti inclusi, hanno un vecchio motto: con i servizi segreti si deve adottare la stessa precauzione che si usa alludendo al sesso coniugale. Tutti sappiamo che c'è e che è una cosa buona. Ma non è assolutamente il caso di usarlo per filmini porno.

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