Ecco i sindaci. Poi i blindati, le truppe speciali, i bersaglieri, i carabinieri a cavallo, le infermiere che hanno combattuto il Covid, le fanfare, la Protezione civile, le Frecce tricolori che squarciano il cielo di Roma. Dopo tre anni in cui, dice Sergio Mattarella «è cambiato il mondo», torna a sfilare l'Italia con tutte le sue mille belle facce, una «nazione moderna», un Paese, come ha spiegato Mario Draghi, «fortemente allineato alla Ue, al G7 e alla Nato». E ai Fori romani, in prima fila sotto i tendoni blu, presidente e premier rappresentano in maniera plastica lo sforzo di rinfrescare la coesione nazionale, nel quadro della solidarietà occidentale. C'è stata una pandemia, ora c'è una guerra. «L'Italia ha un ruolo centrale per favorire il dialogo e si muove per la pace», spiega il capo dello Stato. Non una qualunque, «La pace non si impone da sola, è frutto dell'impegno e della buona volontà». Soprattutto, sostiene Draghi, deve andare bene a Kiev. Dunque la linea è questa, nessun cedimento a Mosca.
Tra orgoglio e difficoltà il Due Giugno, con la sua parata e la sua simbologia, con la cerimonia al Milite ignoto e la riapertura contingentata dei giardini del Quirinale, coincide con uno snodo davvero delicato della nostra democrazia. Il virus ancora in circolo, l'invasione russa dell'Ucraina, la carenza energetica, il caro bollette, le riforme da completare, i miliardi del Pnrr a rischio, la maggioranza agitata, gli equilibri politici interni in movimento. Il presidente del Consiglio tira dritto e già da oggi riprenderà in mano i dossier principali, dallo snellimento della macchina amministrativa che ci chiede l'Europa alla ricerca di fonti alternative per il gas, dalla protezione di famiglie e imprese in crisi alla battaglia per sbloccare il grano ucraino. Poi, certo, il conflitto. Patriarca Kirill a parte, Draghi è «molto soddisfatto» per il varo del sesto pacchetto di sanzioni della Ue.
Insomma, fare squadra in Europa: ma intanto farla pure in Italia. La presenza attiva di Giancarlo Giorgetti ai Fori dimostra che, almeno per il momento, il caso Salvini con il viaggio a Mosca è messo da parte e che il governo resta solido. E le parole di Mattarella, nell'anniversario della Repubblica, sono un richiamo alla necessità della solidarietà nazionale in questo momento scabroso. «Sessantasei anni fa - scrive al capo di Stato maggiore della Difesa, l'ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone - il popolo italiano si incamminò sulla strada della pace archiviando le avventure belliciste proprie di un regime autoritario come quello fascista. Il nostro contributo alla cooperazione internazionale si è caratterizzato con l'adesione al trattato Nord Atlantico sottoscritto fra Paesi amanti della libertà, con la costruzione graduale dell'unita europea e la partecipazione all'Onu e alle sue iniziative». Il perimetro è chiaro e noi abbiamo vissuto abbastanza bene, tra boom, campagne spaziali e un po' di Guerra Fredda. «Fu possibile realizzare un clima di fiducia, di confronto alle volte al confine del contrasto, senza tuttavia mai superare i limiti».
Adesso, dice ancora Mattarella, «dal 24 febbraio» è cambiato il mondo, anche se gli elementi principali sono sempre gli stessi: la Nato, l'Onu, la Ue, le democrazie occidentali, un regime autoritario con fantasie belliciste. «L'attuale contesto internazionale ci interroga su come sia possibile garantire oggi il bene della pace». Ma chi è l'assalitore e chi l'assalito stavolta è lampante. «Le aggressioni ai civili, le devastazioni delle città della nostra Europa pensavamo appartenessero a un passato lontano, invece sono cronaca». Non c'è spazio per dubbi, posizioni terziste, polemiche elettoralistiche sulle armi da spedire. «L'Italia - ripete - ha un ruolo centrale per il dialogo però dobbiamo agire uniti, insieme» restando nella circonferenza dell'Occidente.
Resta un problema: fino a quando dobbiamo mandare aiuti militati a Kiev? Per quanto tempo le famiglie, le industrie, le opinioni pubbliche reggeranno l'embargo a Mosca? Il presidente invita a tenere botta. «La pace non arriva da sola, ma dall'impegno degli uomini e degli Stati. E deve essere basata sul rispetto delle persone e della loro dignità, dei confini territoriali, dello stato di diritto, della sovranità democratica». Non è certo il momento di fare sconti al Cremlino. «Serve una pace fondata sull'uso della diplomazia come mezzo di risoluzione delle crisi fra le nazioni e sui diritti umani».
Conclusione, «l'Italia è a fianco dell'aggredita Ucraina. La Repubblica è impegnata a costruire condizioni per un cessate il fuoco e le sue forze annate, sulla base dei mandati affidati loro dal governo e dal Parlamento, concorrono a questo compito».
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