Marco Tarquinio, classe 1958, cattolico, giornalista di lungo corso, dal 2009 al 2023 direttore dell'Avvenire, il quotidiano dei vescovi. Da giugno è parlamentare europeo eletto nelle liste del Pd. Domenica era ad Assisi, alla marcia della pace, quella inventata da Aldo Capirtini nel 1961. Era lì insieme a Giuseppe Conte. Schlein non c'era.
Lei si è astenuto nel voto sull'autorizzazione a Kiev ad usare le armi occidentali per colpire in Russia. Come mai non ha votato contro?
«Perché il Pd in questi mesi ha fatto dei passi avanti sui temi della guerra. È la seconda volta che mi astengo e non voto contro, come avrei preferito fare. E mi astengo per valorizzare i passi avanti che sta compiendo la segreteria Schlein».
Quali sono questi passi avanti?
«Il no all'uso delle armi italiane sul territorio russo. Cioè il no al paragrafo 8 della risoluzione che abbiamo votato, quello che chiedeva agli stati di rimuovere il divieto. E poi il lavoro che è stato fatto dal Pd per introdurre per la prima volta nel testo della risoluzione la parola pace. Era una parola indicibile fino a poco tempo fa. Ora è scritta tre volte nella risoluzione approvata dal Parlamento.
Il Pd comunque sembra piuttosto ambiguo. Nel voto al Parlamento europeo si è addirittura diviso in tre o in quattro. Quelli che hanno votato a favore, quelli contro, gli astenuti come lei, quelli che non si sono presentati.
«C'è una netta correzione della Schlein rispetto alla linea del vecchio Pd. Naturalmente la nuova linea della Schlein, più pacifista, sta provocando dei contraccolpi e delle reazioni. È logico che sia così. È chiaro che c'è un mal di pancia»
Lei dice che c'è una discontinuità nella linea del Pd?
«Sì, indubbiamente. Finalmente si è aperto un dibattito al suo interno».
Lei è un pacifista-pacifista da sempre?
«Da sempre, sì. Sa dove ho vissuto io da quando ero bambino piccolissimo?».
No.
«Ad Assisi. Diciamo nel cortile di Francesco e Chiara. E se vivi ad Assisi respiri l'aria di Francesco».
Ma lei è stato obiettore?
«No, ho sempre pensato che la forza potesse essere disciplinata e usata a difesa dei più deboli. Perciò ho fatto il militare, e oggi sono un ufficiale della Riserva. Io conosco le armi, e quando parlo di carri armati so esattamente di cosa parlo».
Ma lei è contro tutte le guerre?
«Quarant'anni di giornalismo mi hanno insegnato che le guerre iniziano e non finiscono mai bene. Anzi, non finiscono».
Lei è un pacifista integrale?
«Non sono un pacifista utopista. I veri pacifisti sono realisti. Sanno che la pace si ottiene solo attraverso percorsi di negoziati. E questo percorso deve essere favorito da potenze «buone». Sono convinto che il compito dell'Europa sia questo: essere la potenza buona».
Ma lei non crede che vadano difesi i confini?
«I confini sono una cosa seria. Ma sono meno importanti delle persone».
Veniamo alla politica italiana: nel «campo largo» ci sono grandi distinzioni. Come si fa a tenere tutto insieme?
«Si sta avviando una convergenza. Tra molte difficoltà ma si va in quella direzione. Anche sui temi della pace».
Nel «campo largo» serve un centro. L'ipotesi della costruzione di un «centro» è morta con la sconfitta di Renzi e Calenda?
«Sarebbe utile una forza centrista che aiuti l'evoluzione di chi si colloca più a sinistra o più a destra. Io, da cattolico democratico non pentito...».
Lei si definisce così?
«Sì, anche se c'è chi crede che io sia un sovversivo perché penso che sia giusto occuparsi dei più deboli e battersi per fare finire le guerre».
Quindi, da cattolico non pentito
«Penso che un centro, se deve esserci, si deve occupare proprio di quelle cause. I poveri, la pace. Come faceva la Dc. Cos'era la Dc? Un partito di centro, diceva De Gasperi, che si muove a sinistra».
Trova pezzi di cristianesimo che apprezza anche nei partiti di destra?
«Per esempio ho apprezzato le posizioni di Forza Italia per una legge sulla cittadinanza più accogliente verso gli stranieri. C'è un milione di italiani che non hanno la cittadinanza: parlano italiano, pensano italiano, mangiano italiano, vivono italiano e non hanno il passaporto. Per un partito moderato è importante risolvere questo problema».
È favorevole allo Ius scholae?
«Per me se un bambino nasce qui è già italiano».
L'ultimo Berlusconi era pacifista. Lei lo ha apprezzato?
(20 secondi di silenzio...).
«Non ho capito bene quanto in quella sua scelta pesasse una convinzione profonda e quanto i rapporti personali. Cioè i rapporti con Putin.
Io credo che i rapporti personali tra grandi personalità siano importantissimi per conquistare la pace. Era anche la via che percorse un gigante come Giorgio La Pira. Ma non vorrei mischiare il sacro col profano».(E finalmente gli scappa un ridere leggero).
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