Dopo due mesi di chiusura l'Inghilterra ha ieri riaperto le porte delle sue scuole a oltre due milioni di studenti. Bambini dell'asilo, del primo e dell'ultimo anno della scuola primaria sono stati invitati a tornare in classe e riprendere l'anno scolastico, bruscamente interrotto dall'entrata in vigore del lockdown a fine marzo. Le scuole in Inghilterra non hanno mai chiuso totalmente ma hanno garantito lezioni - e accoglienza - per i figli dei cosiddetti lavoratori essenziali, come medici e infermieri. Da ieri però il governo ha cercato di compiere un passo verso il ritorno alla normalità: non c'è l'obbligo ma solo l'invito a riaccogliere una prima tranche di studenti rimasti lontano dai banchi per mesi. Dovesse andare bene, altre fasce d'età rientreranno a metà mese, un parziale ritorno alla normalità prima del termine dell'anno scolastico a fine luglio. Alle scuole è richiesto di prevedere una serie di accorgimenti e regole per mantenere il distanziamento sociale e contrastare la diffusione del virus, compito non facile per le migliaia di docenti e per gli stessi genitori: ieri code fuori dai cancelli di genitori ben distanziati.
Come da tradizione anglosassone, invece di imporre regole rigide, impossibili da applicare in tutti i casi, il governo ha deciso di far appello al buon senso e alla disponibilità di genitori e scuole. Il ritorno è un invito, non un obbligo, che molti istituiti hanno però deciso di non rispettare: un sondaggio condotto dalla Bbc ha rivelato che solo il 20 per cento delle amministrazioni locali sta consigliando la riapertura, il 15 sta invitando le scuole di competenza a rimanere chiuse, gli altri dichiarano di non poter garantire misure adeguate anti Covid. È una situazione a macchia di leopardo, complicata dalla presenza di molti istituti privati e da un mondo scientifico che se da un lato minimizza il pericolo del virus per i più giovani, d'altro si sta in parte chiedendo se il rilassamento del lockdown non stia avvenendo troppo presto. È proprio la paura del virus che, secondo uno studio del National Foundation for Educational Research, spingerà circa metà dei genitori a tenere a casa i propri figli, nonostante l'apertura dei cancelli. Un dato che però implica che l'altra metà potrà tornare a una situazione pre-pandemica e riportare i figli a scuola, possibilità finora garantita solo ai lavoratori essenziali e che ha rappresentato una situazione critica soprattutto per le famiglie con maggiori difficoltà socio-economiche. Valutare tuttavia la riapertura delle scuole dall'esclusivo punto di vista dei genitori significa non considerare l'impatto gravissimo che la sospensione forzata degli studi avrà sui ragazzi.
Molti studi e analisi mettono in correlazione la perdita di settimane di studio a minori opportunità lavorative e retribuzioni inferiori. Una relazione che si aggrava per le fasce più povere della popolazione, quelle con minore accesso a un'educazione privata.
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