L'ira di Mosca e l'ombra atomica "Non decide Biden chi governa"

Il Cremlino: "Con gli insulti niente trattative". Medvedev: "L'ipotesi nucleare esiste". E la Russia arruola Hezbollah

L'ira di Mosca e l'ombra atomica "Non decide Biden chi governa"

Indovinare le mosse di un regime ferito, finanziariamente e moralmente, è ormai difficile anche per l'intelligence americana; la stessa che aveva previsto l'invasione dell'Ucraina, senza trovare sponde in Europa, oggi assiste a incredibili perdite sul campo dell'esercito russo, a sparizioni di pezzi del governo e al reclutamento di mercenari di supporto, dalla Georgia (sostiene il Pentagono) e da altre zone del pianeta. Vladimir Putin raschia il fondo del barile per rimpolpare i caduti: circa 12-15 mila (solo 1.351 per Mosca), decine di colonnelli e almeno 6 generali. Ma la Russia «non sta arruolando riservisti», tuona il ministero della Difesa: le telefonate ricevute da centinaia di ragazzi sarebbero solo «una provocazione dei servizi ucraini». Per rimpinguare le truppe, sarebbero invece pronti ad arrivare 800 combattenti dalle file degli Hezbollah libanesi.

Secondo il quotidiano indipendente Novaja Gazeta, il primo gruppo di miliziani dovrebbe passare dalla Bielorussia già martedì: assoldati per 1.500 dollari mese, un accordo mediato dall'ala militare privata Wagner, i mercenari russi non direttamente riconducibili al Cremlino: operano dove Mosca ha interessi, dal Mali alla Libia, e in Ucraina avrebbero provato a uccidere Zelensky. Perché un mese di paga, per gli Hezbollah? A conti fatti, la guerra di logoramento è fallita. La massa di drogati e neonazisti di cui liberarsi, come Putin definisce la resistenza, è ancora lì. Armata e combattiva. I russi passano al piano B? Fallito il «blitzkrieg», Mosca individua nel 9 maggio la data di fine guerra, in sincrono con i festeggiamenti per la vittoria dell'Armata Rossa nel '45, dopo la capitolazione del Terzo Reich. L'obiettivo della conquista forse si ridimensiona; aerei ed elicotteri virano sul Donbass, giudicato sufficiente per rivendicare la «liberazione» dai nuovi nazi. È il vicecapo di Stato maggiore Sergej Rudskoi ad annunciare che l'operazione speciale si concentrerà lì: i principali obiettivi «sono stati completati», dice il generale, con la distruzione del grosso dell'aviazione e della marina ucraina. La Russia indirizza quindi il principale sforzo bellico laddove l'armata rossa combatte al fianco delle milizie separatiste, con i russi già in controllo del «93%» della regione di Lugansk e del «54%» di quella di Donetsk. Ma è davvero così?

«Non sono sicuro che sia cambiata la strategia dei russi», ammette il presidente Usa, visti i colpi di ieri su Leopoli (almeno 3 missili) e sull'Oblast di Kiev. Biden ha già tracciato linee rosse su armi batteriologiche e chimiche. E ieri ha dato a Putin del «macellaio». «Strano» dica così, ribatte il portavoce del Cremlino Dimitri Peskov, ricordando all'America le bombe in Jugoslavia: «Riparare le relazioni è sempre più arduo». Per Biden, siamo a «oppressione vs libertà». E Peskov replica pure all'ipotesi di regime change: «Non è qualcosa che decide Biden, è una scelta dei russi». La Casa Bianca in serata si corregge e invita a restare interlocutori. «Biden non parlava di cambio di regime». Marcia indietro.

È lo stallo sul campo a preoccupare non poco gli Usa. Si temono lampi atomici. Da Mosca riappare pure il ministro della Difesa Sergei Shoighu, scomparso dall'11 marzo. Volto stanco, parla ai militari e ordina di tener «pronte al combattimento le forze nucleari tattiche». Non è stato epurato come si sospettava. L'aspetto e la «latitanza» dalla guerra hanno fatto pensare a un infarto dopo una possibile reprimenda di Putin per la fallita invasione. Eccolo, invece: uno dei tre russi ad avere i codici dell'atomica pronto a confermare la produzione di armi avanzate e la consegna di missili a lungo raggio ad alta precisione: «Una priorità». Poco conta che Kiev accusi il Cremlino di aver falsificato il suo video del 24 marzo. Shoighu è lì. Come il vice segretario del Consiglio di sicurezza ed ex presidente Dmitry Medvedev, un N.2 dello «zar».

Mosca, dice, può usare le atomiche non solo se venisse colpito il suo territorio da analoghe armi ma anche se fossero usate contro alleati; di fronte alla violazione delle infrastrutture che paralizzerebbero la deterrenza nucleare russa o in caso di aggressione.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica