L'Iran minaccia di invadere il Kurdistan. E reprime le nuove proteste delle donne

La guardia rivoluzionaria di Teheran: "Libereremo la regione". Lacrimogeni contro i manifestanti in molte città, già 158 morti

L'Iran minaccia di invadere il Kurdistan. E reprime le nuove proteste delle donne

I pasdaran schiacciano la rivolta interna dei giovani iraniani e ora minacciano pure di invadere il Kurdistan iracheno, teatro di recenti scontri tra le forze di Teheran e i gruppi di opposizione. Le autorità curde hanno accusato l'Iran di aver compiuto attacchi indiscriminati contro la popolazione civile della zona. Come quando il 28 settembre un attacco di missili e droni ha ucciso almeno 16 persone, tra cui una donna incinta. Sul fronte interno anche ieri le forze di sicurezza hanno sparato contro i manifestanti che sono scesi in strada in due città curde, a Sanandaj e Saqqez. A Sanandaj è rimasto ucciso un uomo nella sua auto, e anche un manifestante è stato colpito all'addome. Intanto la scia di sangue è inarrestabile e sale a 185 vittime il bilancio della repressione, secondo l'ultima stima della ong iraniana con sede in Norvegia Iran Human Rights. Le proteste, che entrano nella loro quarta settimana, si sono svolte anche ieri in tutte le principali città dell'Iran: a Mashhad gli agenti hanno sparato i lacrimogeni, a Teheran, nella piazza Saadat Abad, un gruppo di donne ha iniziato la protesta togliendo il velo e sventolandolo come bandiera di libertà.

Teatro di nuove rivolte sono state anche Karaj, Mashhad, Shiraz, Arak. Gli studenti delle università e delle scuole di queste città hanno organizzato raduni di protesta, gridando lo slogan «Donna, vita, libertà», mentre diverse donne davano fuoco ai loro foulard. «Gli studenti non permetteranno che i sogni dei nemici si realizzino», ha affermato il presidente iraniano Ebrahim Raisi nel corso di una cerimonia per l'inizio dell'anno accademico alla Università femminile di Al-Zahra a Teheran, mentre gli studenti gli urlavano «vai via!». Slogan dai tetti e clacson suonati all'impazzata. In un video un individuo scrive su uno striscione lo slogan: «La polizia uccide persone». Su un altro, posto su un cavalcavia a Teheran, era scritto: «Non abbiamo più paura, stiamo combattendo». «Smettetela di chiamarle proteste, è una rivoluzione ora!» è un altro canto intonato. Nel frattempo, venti organizzazioni per i diritti umani hanno inviato una lettera al presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, chiedendogli di sostenere i manifestanti. E spunta pure un rapporto ufficiale dell'amministrazione iraniana in cui già qualche mese fa era stato lanciato l'allarme per il «crollo dei valori» e la necessità di nuove misure repressive per imporre il velo integrale alle donne. È il quotidiano francese Le Monde a rivelarne i contenuti.

E ancora non si placa il lavaggio di cervello del regime. La tv di stato iraniana ha mandato in onda un video ripreso dalle telecamere di sorveglianza della polizia, su cosa - secondo il governo di Teheran - è successo a Mahsa Amini. Il video, girato il 13 settembre, mostrerebbe la giovane perdere i sensi e accasciarsi a terra. Secondo il medico legale gli esami avrebbero rilevato che la 22enne è morta di ipossia cerebrale. La famiglia della ragazza, invece, dice che il cadavere ha chiari segni di percosse.

È arrivata anche la solidarietà in una intervista al settimanale francese Point de vue dalla sua casa di Parigi da parte di Farah Diba, moglie dell'ex scià di Persia, ultima imperatrice dell'Iran. «La morte di Mahsa Amini mi ha straziata, così come la scomparsa di tanti concittadini. Le donne scendono nelle strade per difendere i loro diritti e per la liberazione dell'Iran. Sono fiera e orgogliosa di loro».

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