L'Isis decapita pure le mura di Ninive Uccidono l'arte per cancellare l'uomo

Le «pattuglie della moralità» hanno radunato la folla e poi abbattuto l'antica fortezza assira

L'Isis decapita pure le mura di Ninive Uccidono l'arte per cancellare l'uomo

di Abbattere un monumento, un'opera d'arte, è come tagliare la gola alla storia, alla tradizione di un popolo. La Charlie Hebdo della cultura passa anche attraverso la distruzione di mura antiche, di chiese secolari, di sacri tempi. È questo il delitto - l'ennesimo - perpetrato dall'Isis contro l'umanità. Uccidere la nostra identità attraverso il killeraggio delle testimonianze «estetiche» che ci rendono orgogliosi di essere uomini. Nel delirante mondo Isis, i capolavori ricoprono un ruolo contraddittorio. Se infatti da una parte ogni forma d'arte viene ripudiata in nome di Allah, dall'altra il patrimonio artistico rappresenta una risorsa fondamentale per il finanziamento dello Stato islamico dell'Irak e del Levante. Per le «pattuglie della moralità» sono tabù tutti i quadri che riproducano il corpo umano e persino gli animali. Vietate a scuola le matite colorate: potrebbero disegnare immagino «blasfeme». Ma nel contempo l'Isis trova nuova linfa economica proprio nel commercio di reperti archeologici e antichità trafugate durante la sua avanzata su un territorio ricco dalle cui viscere zampilla non solo petrolio ma anche vestigia del passato. La domanda che molti si pongono è come abbia potuto l'Isis raggruppare ingenti quantità di denaro per fornire al suo esercito un armamento sofisticato e completo. «Molte delle prove raccolte dai servizi segreti militari - si legge in un report pubblicato da lettera44 - sottolineano come il gruppo fondamentalista sia riuscito a far fruttare i pozzi petroliferi in sua mano in Siria. Ma all'inizio di giugno ufficiali dell'inteligence irachena hanno individuato una possibile nuova risorsa, confermata anche da un reportage del Guardian . Gli 007 di Baghdad, penetrati nell'abitazione di un comandante dell'Isis deceduto, hanno sequestrato 160 fra computer e memorie esterne contenenti dettagliati report finanziari dei terroristi e delle loro fonti di denaro». È così venuto fuori che all'interno della lista delle più importanti transazioni dell'Isis risulta il contrabbando di oggetti antichi: in una sola regione della Siria, il resoconto riportava un guadagno di 36 milioni di dollari da attività come furto e contrabbando di reperti archeologico.

Ma questo non serve comunque a fermare il furore iconoclasta dell'Isis. Che ieri ha inferto un colpo mortale al tesoro artistico della «sua» terra, che però è parte integrante di quella bellezza universale che arricchisce occhi, anima e cervello di tutti noi umani.

Le mura assire della città di Mosul, il sito storico più importante della regione di Ninive, risalenti all'ottavo secolo avanti Cristo, sono state solo l'ultimo monumento iracheno a scomparire per sempre, sotto la furia cieca (ma che in realtà ci vede benissimo) dei jihadisti dello Stato islamico. La loro interpretazione estremista del Corano li spinge a considerare inammissibili edifici risalenti all'epoca pre-islamica, ma anche quelli riconducibili ad altre fedi o ad altre sette dell'islam o quelli in cui si onorano leader religiosi defunti. Il sito Shafaq News ha riferito che nei giorni scorsi l'Isis ha minato con grossi quantitativi di esplosivo le mura che sorgevano nel quartiere Tahrir, distruggendole quasi completamente. La scorsa estate la stessa sorte era toccata alla moschea intitolata al profeta Giona, sempre a Mosul: uno dei più importanti monumenti storici e religiosi dell'Irak e luogo di pellegrinaggio di musulmani sia sunniti sia sciiti. Per dare maggiore enfasi al loro gesto, i miliziani jihadisti hanno costretto la popolazione locale ad assistere alla distruzione della moschea, compiuta con bulldozer e picconi. Poco prima, lo stesso sedicente Califfato si vantava di aver distrutto decine di moschee e santuari nella provincia di Ninive, dove si trova Mosul.

Sui social media, pubblicava un bilancio di almeno quattro santuari sunniti o statue sufi demolite, oltre a sei moschee sciite. L'esplosivo dei jihadisti non ha risparmiato, «ovviamente», i luoghi di culto cristiani. Ma questo, ormai, non fa più notizia.

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