Davanti alla sede della Wagner a San Pietroburgo continua il via vai di simpatizzanti che depositano mazzi di fiori, ma anche mazze (il simbolo della brutalità dei miliziani), incastonate nei bouquet. Il corpo di Prigozhin è stato riconosciuto all'obitorio da alcuni suoi luogotenenti, ma restano aperte le ipotesi su dinamica, esecutori materiali e mandanti dello schianto dell'Embraer Legacy 600. L'aereo è stato sabotato, sostiene il Pentagono, che non ha rilevato la traccia termica di un missile in grado di colpire il velivolo ad altitudine di crociera. A meno che non sia stato raggiunto da proiettili del sistema anti-aereo Buk M3, che producono fori da 30 millimetri, scrive Novaja Gazeta (bisettimanale russo anti-Putin), sostenendo di avere prove fotografiche schiaccianti. Si tratta dello stesso sistema missilistico che colpì il Boeing 777 della Malaysia Airlines sui cieli del Donetsk il 17 luglio 2014, provocando 298 vittime. La pista del sabotaggio comunque regge, soprattutto perché troppe persone si sono avvicinare all'Embraer prima del decollo. E qui torna in scena la testimonianza dell'hostess Kristina Raspopova, morta nel disastro. La donna aveva telefonato ai genitori, spiegando che il volo sarebbe partito con un'ora di ritardo per manutenzioni. Kristina aveva detto ai familiari che il jet veniva messo a punto da Artem Stepanov, pilota di fiducia di Prigozhin, ancora irreperibile. Inoltre poco prima del viaggio due presunti acquirenti dell'aereo si erano presentati per un'ispezione del velivolo, come riporta il quotidiano russo Moskovsky Komsomolets. Avrebbero presentato le credenziali della RusJet. Uno dei due non aveva un passaporto russo, ed entrambi, è emerso in seguito, non lavoravano per la compagnia di charter.
Sul giallo dell'Embraer si è espresso anche l'MI6 britannico. Gli 007 di Londra sospettano che Putin abbia affidato la direzione del lavoro sporco al generale Andrei Averyanov, capo dell'unità «29155». Si tratta di un gruppo sotto copertura del servizio di intelligence militare per operazioni di sabotaggio in Europa, compresi l'avvelenamento dell'ex spia russa Sergei Skripal e di sua figlia Yulia nel 2018 a Salisbury e di Litvinenko. Averyanov ha formato agenti sotto copertura con false identità in numerosi Paesi, addestrati a vivere come cittadini modello. L'MI6 rivela tra l'altro che Averyanov ha guidato di recente un'operazione per sostituire i mercenari Wagner in Africa con 20mila soldati russi, e che da anni aveva una relazione ostile con Prigozhin. Le indicazioni sono arrivate da Putin, che ha in mente un progetto Wagner non più legato a un singolo uomo, ma come un ecosistema, come un'idra con molte teste e molti interessi diversi in Africa. «Tutto ruotava attorno a lui. Ora che è morto tutto sarà più caotico. Non è chiaro dove andrà a finire la lealtà», ribatte l'analista della Cnn Natasha Lindstaedt.
Risolte solo in parte le questioni sulla dinamica e sugli esecutori materiali, resta da individuare, si fa per dire, il mandante. Gli analisti occidentali continuano a credere che dietro la morte di Prigozhin ci sia lo zar di Mosca. «Non succede molto in Russia senza Putin», aveva detto nei giorni scorso il presidente Usa Biden.
Storicamente Putin preferisce la vendetta fredda. Tant'è che il 29 giugno, meno di tre settimane dopo l'ammutinamento, convocò Prigozhin al Cremlino, urlandogli contro per tre ore. Il capo della Wagner pensava di averla fatta franca. Fino al fatale volo di mercoledì.
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