Per i giudici inglesi il «massimo interesse per il minore» è ucciderlo. O, se si preferisce un linguaggio meno crudo, staccare le macchine e lasciarlo andare verso il mistero. La malattia, una rarissima sindrome mitocondriale, non le dà scampo ma porta dolori acuti.
Game over o è giusto sposare la linea della vita e provare ad andare avanti?
Il governo italiano risponde col cuore e con la pietà cristiana al gelido calcolo dell'Alta Corte londinese. Il consiglio dei ministri, riunito d'urgenza, dà alla piccola Indi Gregory, otto mesi e un destino lungo qualche ora in un letto d'ospedale a Nottingham, la cittadinanza italiana.
È l'unico passaporto per interrompere il countdown verso la morte che viene aggiornato di ora in ora. Alle due del pomeriggio, Indi si ritrova italiana e suo padre Dem si commuove: «Grazie di cuore al governo, siamo orgogliosi che nostra figlia sia italiana. C'è speranza e fiducia nell'umanità».
Insomma, non sappiamo se e quanto Indi potrà vivere. Sappiamo però che i genitori, sorretti dalle associazioni Pro life, vogliono combattere questa battaglia e chiedono che la piccola figlia si senta meno sola, o peggio ancora esclusa dal consorzio umano per via di una terribile malattia.
Sono due mentalità diverse, per certi versi antitetiche, che naturalmente finiscono poi imbrigliate nel grande risiko della polemica politica. Ma il pensiero tricolore mette in cima alla scala la dignità. Qualcosa che viene prima e ha un fondamento religioso: la vita umana ha un valore infinito che non si può misurare in alcun modo, dunque dev'essere preservata fin quando possibile. Naturalmente, questo discorso va di pari passo con il no all'accanimento terapeutico.
Non è un equilibrio facile, ma i giudici inglesi vogliono spingere in cielo Indi, aggredita da una feroce sindrome da deperimento mitocondriale. I muscoli non si sviluppano e la bambina sembra essere condannata.
L' approccio però è diverso. La giustizia inglese emette un giudizio che spezza il cuore dei genitori, l'esecutivo Meloni prova a ribaltarlo. C'è il sentimento, nel senso più ampio, ma c'è anche un metro di giudizio che arriva dove gli inglesi non vedono. Più lontano, più in profondità, più in corrispondenza dell'umano e non si può affermare che si tratti solo di una disputa ideologica.
Il Bambin Gesù, ospedale pediatrico della capitale, luogo di tanti miracoli, è pronto e Roma gli spiana la strada, anche se il tempo a disposizione è pochissimo e l'esito a dir poco incerto.
«La cittadinanza italiana - si legge in una nota di Palazzo Chigi, viene conferita - in considerazione dell'eccezionale interesse per la comunità nazionale ad assicurare alla minore ulteriori sviluppi terapeutici nella tutela di preminenti interessi umanitari che, nel caso di specie, attengono alla salvaguardia della salute».
Qualcuno etichetterà il tutto come una crociata di retroguardia della destra italiana, scacciando così eventuali crisi di coscienza. Ma non è cosi.
E Palazzo Chigi sottolinea di voler pagare le spese sanitarie. Questa non è un favola a lieto fine, ma si spera di strappare la baby all'epilogo già scritto. In ogni caso Indi e la sua famiglia hanno il diritto di provarci. Dentro un grande abbraccio.
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