«Sterminio per fame». Lo riconosce anche il Parlamento italiano: non fu il risultato di cause «naturali» e incidentali la carestia che uccise milioni di ucraini fra il 1932 e il 1933. Fu una delle pagine più nere del Comunismo, uno sterminio etnico e di classe deliberato e portato avanti con spietata ferocia dal regime sovietico. Josef Stalin ordinò la collettivizzazione delle terre che ebbe un esito drammatico fra i contadini e le loro famiglie e decretò la repressione violenta chi si opponeva, mediante eliminazione fisica o deportazione nei gulag.
Le cifre sono spaventose, il Senato parla di 7-10 milioni. Le fotografe dell'epoca documentano in modo drammatico le morti per le strade, i corpi scheletrici, i bambini ridotti a pelle e ossa. E Holodomor è la parola ucraina che significa «uccidere attraverso la fame». L'Urss lo ha taciuto e rimosso per decenni, e a Mosca se ne è cominciato a parlare solo con la perestrojka degli anni Ottanta, ma sempre più Paesi - lo ha fatto che l'Ue nel Parlamento europeo - oggi commemorano l'Holodomor o lo riconoscono come crimine contro l'umanità.
Adesso lo riconosce anche il Senato italiano, che pochi giorni fa ha approvato a larghissima maggioranza una mozione che riconosce il genocidio, impegnandosi d'intesa con la Camera e con il Governo, a promuoverne il ricordo. «Il regime comunista dell'Urss guidato da Iosif Stalin - si legge - provocò deliberatamente una carestia che causò milioni di morti, principalmente contadini e piccoli proprietari terrieri». Il documento attesta che la carestia «fu la conseguenza di alcune scelte politiche ed economiche del dittatore sovietico Stalin e della classe dirigente del Pcus». E cita la collettivizzazione delle terre, l'industrializzazione forzata, e la «dekulakizzazione», cioè «la sistematica e deliberata distruzione della classe dei kulaki, piccoli proprietari terrieri». La mozione è stata approvata con 130 voti a favore, nessun contrario e 4 astenuti. E in fase di dichiarazione di voto il presidente del Misto Peppe De Cristofaro (Alleanza Verdi e sinistra) aveva dichiarato che il suo gruppo rosso-verde si sarebbe astenuto. Pochi dubbi fra gli altri. Il «sì» è stato praticamente unanime. «Novant'anni fa la barbarie umana toccò uno dei suoi punti di massima intensità» ha detto intervenendo Stefania Craxi (Fi), nella foto, presidente della commissione Affari esteri e Difesa, intervenendo a palazzo Madama. E di «uno dei drammi dello stalinismo» ha parlato Roberto Menia (Fdi). Unanime o quasi è stata anche la reazione sdegnata di fronte al tentativo di ingerenza dell'Ambasciata russa in Italia. «Si vuole sperare - aveva detto la sede diplomatica - che i senatori italiani, a differenza dei loro colleghi della camera bassa, mostrino lungimiranza e ampiezza delle vedute storiche e non seguano la via della propaganda del mito politico».
Niente da fare. «Non sarà certo un comunicato stampa dell'ambasciata russa a condizionare il voto del Senato» ha risposto Raffaele Speranzon, vicecapogruppo di Fratelli d'Italia e primo firmatario della mozione, mentre Filippo Sensi (Pd) ha parlato di «toni inaccettabili», di «ingerenze inaccettabili», e ha descritto il voto come «uno scatto d'orgoglio».
Inevitabile il nesso fra lo sterminio di allora e la guerra d'aggressione di oggi. «È ora di definire in termini di genocidio o di rischio di genocidio quanto accade oggi: in Ucraina e in Cina» ha dichiarato il senatore Giulio Terzi, ex ambasciatore e ministro, facendo riferimento all'invasione dell'Ucraina iniziata nel 2022, e alla storia dell'occupazione cinese in Tibet.
«Nel 90° anniversario dell'Holodomor - ha scritto, ringraziando l'Italia - il presidente ucraino Volodymyr Zelensky - questo passo dimostra che ci sarà giustizia per le vittime passate e presenti del regime del Cremlino».
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