Tutto sembrava deciso. Ma era dieci giorni fa. La canzone del rapper francese Youssoupha, origini congolesi e pelle nera come metà dei calciatori della nazionale francese di calcio, sembrava la scelta definitiva dei Bleus per gli Europei in partenza l'11 giugno. Écris mon nom en Bleu, il brano del rapper considerato uno dei colossi dell'hip hop francese, era ormai per tutti il nuovo inno della Francia per Euro2020, l'appuntamento calcistico atteso da cinque anni e rinviato l'anno scorso a causa del Covid. Il pezzo era stato svelato sul web il 19 maggio, postato sui social dall'account ufficiale Équipe de France, e aveva accompagnato il video di annuncio dei 26 campioni scelti per rappresentare la Francia. Ma insieme ai like e alle 4 milioni di visualizzazioni è arrivato nelle ultime ore il cambio di rotta della Fédération Française de Football. Anzi la puntualizzazione del suo presidente. Secondo Nöel Le Graët «il pezzo non merita commenti. È politica». In ogni caso - ha spiegato in un'intervista a Le Parisien il numero uno della Fff - «la presentazione della rosa non avrebbe dovuto essere accompagnata da quel brano». Si è trattato di una svista. «Sono stati i giovani dipendenti del servizio commerciale che hanno avuto questa idea», senza che lui, dice sia stato informato.
Da cosa nasce la retromarcia? A scagliarsi contro l'inno e il suo autore è partita da subito, dopo la pubblicazione del video, l'ultradestra francese di Marine Le Pen. La leader del Rassemblement National, che secondo i sondaggi insidierà Emmanuel Macron anche alle prossime presidenziali ma resta in odor di razzismo, era stata definita da Youssoupha «una cagna» in una canzone del 2006. E ha da subito invitato la Federazione a «rinunciare alla scelta del rapper, le cui dichiarazioni offensive e oltraggiose sconvolgono molti francesi». Le aveva fatto eco, con toni più pesanti, il numero due del partito, Jordan Bardella: «Abbiamo ceduto alla feccia di Francia», aveva detto usando il termine racaille, affibiato in modo offensivo alle ultime generazioni di immigrati delle banlieues. «Il rapper usa parole virulente nelle sue canzoni - insiste Bardella - come quando dà dello scemo e minaccia Eric Zemmour», l'intellettuale di destra critico con immigrazione e multiculturalismo.
Dal canto suo Youssoupha continua a dire che «il razzismo sistemico è una delle aberrazioni della nostra epoca». «Tutte le persone che fanno discorsi razzisti mi fanno pietà, il loro mondo non esiste più». Il vice di Marine Le Pen se l'era già presa con il campione di punta della nazionale di Francia, l'attaccante del Real Madrid, Karim Benzema, franco-algerino accusato di non aver intonato l'inno francese in campo con i Bleus e di aver invece definito l'Algeria casa sua. Destra razzista o solo ultranazionalista?
Quel che è certo è che Youssoupha divide, non il massimo per l'autore di un inno per la Nazionale. Nato a Kinshasa, Repubblica Democratica del Congo, 41 anni fa, è arrivato a Parigi a 12 anni. È figlio del musicista congolese Tabu Ley Rochereau e nipote del rapper belga Shay. Studi alla Sorbonne Nouvelle e poi dedizione alla musica. Nell'inno bocciato rappa: «La Terra di Mezzo è il cuore del gioco/Chi è cresciuto tra le fiamme non ha paura del fuoco/Due stelle incise nella roccia ma là è un'altra storia sulle strade d'Europa».
A prendere le difese del musicista è stata la ministra dello Sport, Roxana Maracineanu: è un «cantante militante che denuncia il razzismo ed è per la diversità.
Lo sport condivide questi valori e ancora di più la Federazione, che difende, nella squadra qualificata per gli Europei, questa pluralità e rappresentatività delle varie facce di Francia». Non basta. «La sua canzone non è l'inno», chiude la Fff. Cercasi nuovo brano disperatamente.
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