L'offerta del Cairo: "Hamas liberi 33 ostaggi". Israele: "Ultima occasione, poi entriamo a Rafah"

Gli 007: sono gli unici ancora vivi. Blinken martedì a Tel Aviv per discutere dell'operazione

L'offerta del Cairo: "Hamas liberi 33 ostaggi". Israele: "Ultima occasione, poi entriamo a Rafah"
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È frenetica l'attività dell'esercito israeliano sul confine meridionale con Gaza e ciò ha rafforzato le speculazioni sull'imminenza di un'invasione di Rafah, nonostante l'opposizione degli Stati Uniti. Questi preparativi però potrebbero anche mirare a fare pressione su Hamas affinché accetti un accordo sugli ostaggi. L'Egitto ha inviato ieri una delegazione in Israele con la speranza di mediare un cessate il fuoco. Allo stesso tempo, Il Cairo ha avvertito che un'offensiva di Tel Aviv su Rafah potrebbe avere conseguenze catastrofiche per la stabilità regionale. Il potente capo dell'intelligence egiziana, Abbas Kamel, guidava la rappresentanza. E mentre la guerra si trascina e le vittime aumentano, cresce la pressione internazionale per raggiungere un'intesa.

Secondo il Jerusalem Post, l'Egitto ha messo sul tavolo dei colloqui una proposta per il rilascio di 33 ostaggi - donne, malati e anziani - che si ritiene siano gli unici rimasti in vita dei 133 che erano ancora nelle mani di Hamas. «Questa è l'ultima possibilità prima di entrare a Rafah», ha minacciato un funzionario israeliano. Lo Stato ebraico secondo fonti informate è disposto a fare importanti concessioni come il ritorno dei palestinesi nel nord di Gaza e il ritiro dell'esercito dal Corridoio Netzarim che taglia in due la Striscia. Decine di manifestanti si sono radunati davanti alla casa di Benny Gantz, invocando le sue dimissioni. Non si fermano le proteste neanche nei campus universitari. Sale la tensione a Sciences Po, a Parigi, occupata da studenti filo-palestinesi.

Ma la diplomazia occidentale continua a lavorare. Il segretario di Stato americano Antony Blinken andrà in Israele martedì e ha affermato che pure la Cina «può aiutare a far calmare le tensioni». Le truppe statunitensi, intanto, che hanno cominciato a costruire il molo galleggiante, una sorta di isola artificiale, dinanzi le coste di Gaza, per aumentare il flusso di aiuti umanitari, e contano di renderlo operativo entro inizio maggio. Ma le perdite umane continuano da entrambe le parti. Un civile israeliano, Sharif Suad, è morto in un attacco missilistico di Hezbollah, mentre sono almeno tre le persone uccise in un raid aereo israeliano su una struttura della Croce Rossa a Gaza City e nel quartiere di Remal. Tra le vittime anche una donna e un bambino. Sempre ieri è morta la piccola Sabreen, neonata venuta alla luce con un parto cesareo dopo che la madre era deceduta in un bombardamento israeliano nel sud di Gaza. La piccola è stata sepolta accanto alla mamma. Ma non finisce qui. Una ragazza di 18 anni è stata accoltellata a Ramle, nel centro di Israele. L'aggressore è stato ucciso, la giovane ricoverata.

Morte e distruzione, dunque. Tanto che Pehr Lodhammar, funzionario dell'Unmas, ha rivelato che l'enorme quantità di macerie e di ordigni inesplosi nella Striscia potrebbe richiedere circa 14 anni per essere rimossa. Ma tutto ciò non basta ad abbassare i toni. È intervenuto pure il presidente turco Erdogan: «Netanyahu è ormai destinato a passare alla storia come il macellaio di Gaza». E l'Iran ha rincarato la dose.

I Paesi membri dei Brics dovrebbero impegnarsi per «porre fine alle brutalità dei sionisti», ha tuonato il viceministro degli Esteri iraniano, Ali Bagheri, che ha anche ribadito l'apprezzamento per la decisione del Sudafrica di portare Israele davanti alla Corte internazionale di Giustizia e ha invitato gli altri membri dei Brics a sostenere Pretoria.

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