L'ombra di Al Qaida sul sequestro in Niger del sacerdote italiano

Padre Maccalli era stato minacciato dagli jihadisti per le sue lotte anti infibulazione

Luigi Guelpa

Ci sarebbe la mano dell'Aqmi, sigla di Al Qaeda per il Maghreb Islamico, dietro al rapimento di padre Pierluigi Maccalli, 57 anni, originario della diocesi di Crema (Cremona) e missionario nella parrocchia di Bomoanga, nel nord del Niger, per conto della Società delle Missioni Africane (Sma). Nella notte tra lunedì e martedì un commando composto da tre individui armati ha fatto irruzione nella sua abitazione portandolo via in moto. I jihadisti hanno sottratto anche il suo computer, il cellulare e il pc delle suore. Gli uomini armati sono poi scappati in direzione della frontiera, dove la boscaglia è fitta ed è facile nascondersi. Con «padre Gigi», così è conosciuto a Crema, c'era solo un confratello indiano che è riuscito in qualche modo a nascondersi, facendo poi scattare l'allarme.

Il religioso era rientrato venerdì 7 settembre in Niger dopo un periodo di vacanza in Italia. Secondo quanto emerso dalle prime e sommarie indagini della polizia locale padre Maccalli aveva ricevuto negli ultimi mesi reiterate minacce di morte, legate soprattutto alla sua attività contro la bestiale pratica dell'infibulazione femminile. «La zona è molto calda e pericolosa - ha rivelato padre Luigino Frattin, responsabile della Sma - i sacerdoti comunque sono sempre prudenti, non escono di notte. Dopo il rapimento però abbiamo chiesto ai nostri confratelli di recarsi nella capitale Niamey». La provincia dove sorge la missione si chiama Gourmancé, confina con il Burkina Faso e si trova in un'area che da qualche mese vive uno stato di emergenza a causa della presenza di terroristi provenienti dal Mali e dallo stesso Burkina Faso. Si tratta di cellule che non fanno parte della galassia del jihadismo professionale di guerriglieri specializzati, ma di combattenti islamici espressione delle durissime condizioni di vita dei territori. I giovani a quelle latitudini si sentono privi di prospettive economiche e di speranza nel futuro. In questo contesto, lo status e la possibilità di guadagno immediato che le organizzazioni terroristiche offrono funziona come un fattore d'attrazione ancor più che l'adesione convinta ai dettami dell'islam più integralista. A Bomoanga, dove opera padre Maccalli, la povertà è strutturale, i problemi di salute e igiene sono enormi, l'analfabetismo diffuso e la carenza di acqua e di strutture scolastiche ingenti. La mancanza di strade e di altre vie di comunicazione, anche telefoniche, rendono la zona isolata.

Sul rapimento del sacerdote italiano la Procura di Roma ha aperto un fascicolo per terrorismo. Le autorità nigerine hanno assicurato di aver avviato indagini per ottenere la sua liberazione. Da non sottovalutare le frasi del ministro degli Interni Albadé Abouba che ha parlato di «un probabile rapimento a scopo di estorsione. Non è purtroppo un caso isolato, con i soldi che incassano si armano per tentare di rovesciare il governo».

Il ministro degli Esteri Moavero Milanesi segue la vicenda, in stretto contatto con i familiari del sacerdote e, come si legge in una nota pubblicata sul sito della Farnesina «l'Ambasciata d'Italia a Niamey ha formalmente chiesto alle autorità locali di dare assoluta priorità alla rapida soluzione della vicenda e in ogni caso di evitare iniziative che possano

mettere a rischio l'incolumità del religioso». Walter Maccalli, fratello di padre Gigi, e anche lui sacerdote, è «in attesa di chiarimenti. Le autorità stanno lavorando, ma non ci sono alcune notizie concrete al momento».

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