Lo porta subito al «fronte». Lo carica su un aereo e lo fa scendere in mezzo al mare di Sicilia, dove la settimana scorsa sono morte 725 persone, per «fargli vedere fisicamente, plasticamente, quello che l'Italia sta facendo». Il segretario generale dell'Onu quasi non fa in tempo ad arrivare a Roma che Matteo Renzi lo infila sull'Airbus della presidenza del Consiglio e, insieme a Federica Mogherini, lo trasporta a bordo di una delle navi che pattugliano il Canale. Vertice sul campo, in zona operativa, nel quadrato della San Giusto, preceduto da uno scambio di opinioni in alta quota fotografato e messo in rete dallo staff dell'Alto commissario europeo. Una scelta d'immagine, di grande impatto, che colpisce Ban Ki-moon ma non abbastanza da fargli cambiare idea sulla lotta all'immigrazione. «Non esiste una soluzione militare alla tragedia umana che sta avvenendo in Mediterraneo. La priorità è quella di salvare vite».
Insomma, al di là della scenografia, per il premier l'incontro parte in salita. L'Italia infatti è per la linea dura, vuole affondare i barconi direttamente nei porti libici e cerca appoggi e coperture internazionali. Nei giorni scorsi Renzi ha chiesto «il sostegno di Francia, Germania e Spagna a una risoluzione dell'Onu sulla Libia». Le Nazioni Unite però non sono per niente d'accordo. Del resto Ban Ki-moon prima di atterrare a Roma si è fatto precedere da un messaggio preciso: non si può usare la forza, ha dichiarato in un'intervista, la priorità è salvare le vite e combattere il traffico di esseri umani. E poco importa che l'Italia definisca «un'azione di polizia internazionale» il sabotaggio dei gommoni: per l'uomo del Palazzo di Vetro colpire i barconi «è sbagliato».
Più aperto invece Ban Ki-moon si mostra sulle altre due parti della strategia di Roma per combattere gli scafisti, e cioè un aumento dei fondi, delle sforzi e delle responsabilità europee e un coinvolgimento degli Stati di partenza. Quanto però alla Libia, «non c'è alternativa al dialogo», e il rappresentante speciale delle Nazioni Unite a Tripoli Bernardino Leon «continua a lavorare in maniera instancabile».
Ce n'è abbastanza perché Renzi si dichiari comunque soddisfatto. «Prima l'Italia era sola a fronteggiare questo tema, ora l'intera comunità internazionale è consapevole che si tratta di un problema globale e non di una questione che riguarda un Paese. Qualcosa finalmente si muove». Certo, aggiunge, per arrivare a un risultato servirebbe molto di più. «Fermare i trafficanti di esseri umani per evitare una catastrofe umanitaria è una assoluta priorità su cui contiamo di avere il sostegno delle Nazioni Unite. Dopo Lampedusa, l'Italia ha dato prova di generosità. Ma dobbiamo farci sentire a livello internazionale, sia in Europa che all'Onu Unite. Questa è la nostra linea». E la presenza di Ban Ki-moon e della Mogherini «è un segnale importante» della fine dell'isolamento.
Il segretario generale, «preoccupato per la situazione degli immigrati nel Mediterraneo», chiede invece di «focalizzarsi sul salvataggio delle vite». Per il Palazzo di Vetro, ha spiegato l'altro giorno, «la cosa cruciale è la sicurezza e la protezione dei diritti umani dei migranti e di coloro che chiedono asilo». Certo, anche fermare il traffico e colpire gli scafisti è importante e l'Italia, concede, non può essere lasciata da sola. Però, dal suo punto vista, la priorità sono le operazioni di aiuto in mare. Nel linguaggio diplomatico non sono solo sfumature.
Di emigrazione Ban Ki-moon ne parlerà oggi pure con Papa Francesco e, soprattutto, nei giorni successivi, quando andrà in visita nei Paesi che non vogliono accollarsi i profughi: i fondi Frontex triplicati e l'incarico esplorativo alla Mogherini non possono bastare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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