L'opposizione alza il muro contro la riforma Falcone

Pd e 5S pronti al no alla separazione delle carriere dei magistrati che piaceva al giudice ucciso nel '92

L'opposizione alza il muro contro la riforma Falcone
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La separazione delle carriere accelera, la sinistra è spiazzata. Eppure, come riportato nell'editoriale de Il Giornale del 1 novembre, anche Giovanni Falcone aveva aperto a una differenziazione tra magistratura inquirente e giudicante. Un simbolo dell'antimafia, oltre che un giudice dalle simpatie progressiste. Ma nel variopinto mondo del campo largo italiano il richiamo a Falcone viene visto come una sorta di oltraggio. Un'appropriazione indebita. Così come la proposta, avanzata dal direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti, di battezzare la riforma, che si appresta ad arrivare in Aula alla Camera, come «Riforma Falcone». Uno dei dirigenti del Pd che nel 2019 aveva sottoscritto la mozione congressuale per Maurizio Martina segretario, dove c'era anche la separazione delle carriere, rigetta con forza il riferimento all'eroe dell'antimafia. «Ayala, che è stato vicino a Falcone, ha già detto che si tratta di citazioni strumentali. Su questo nient'altro da dire», spiega al Giornale il senatore del Pd Dario Parrini. Che poi rinnega, in parte, la mozione Martina da lui sottoscritta cinque anni fa. «Io ho sostenuto quella mozione, ma non ho mai sostenuto la separazione delle carriere. Non penso che uno debba sostenere tutto ciò che c'è scritto in una mozione», spiega. Anche Alleanza Verdi e Sinistra è disorientata dalle citazioni di Falcone. «All'epoca Falcone avrà avuto le sue ragioni, ma eravamo in un contesto politico molto diverso e non possiamo sapere come si sarebbe mosso ora, in questo contesto», dice la capogruppo di Avs alla Camera Luana Zanella. «Usare strumentalmente la figura di Falcone, con la fine che ha fatto, mi sembra quanto meno poco opportuno», chiosa Zanella. Richiamarsi alle parole sulla separazione delle carriere, pronunciate nei primi anni Novanta dal giudice assassinato a Capaci, a sinistra è bollata come «una strumentalizzazione».

Dal M5s, già negli scorsi mesi, sono arrivate durissime reazioni alle riforme del governo Meloni, compresa quella della magistratura. «Molte riforme del governo Meloni sono la trascrizione del manifesto della P2», ha detto, a maggio al congresso dell'Anm, il senatore del M5s ed ex Pm, Roberto Scarpinato.

Nel Pd, però, le posizioni sono più sfumate, soprattutto nel correntone dei riformisti. «La riforma mi pare che nasca dentro un clima di aggressione contro la magistratura, non si può pensare di fare la separazione delle carriere con dei ministri che vanno in piazza ad attaccare i magistrati», spiega ancora Parrini. Il senatore dem parla di «problemi di contesto», ma anche «di contenuto», perché «trasforma la pubblica accusa in un organo di super polizia» e «anche estrarre a sorte alcuni membri del Csm è sbagliato». Zanella torna sul contesto: «Anche chi di noi aveva visto con favore la separazione delle carriere, ritiene che in questo clima questa riforma non sia da approvare».

Secondo Stefania Ascari del M5s, componente della commissione Giustizia alla Camera, «il vero intento del centrodestra è portare i pm sotto influenza della politica, così da controllarli e stabilire su cosa devono indagare e su cosa glissare». Con buona pace di Falcone.

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