L'ovazione per la Segre "Bisogna superare l'odio"

La senatrice a vita ha guidato la seduta al Senato ricordando il fascismo: "Una vertigine essere qui"

L'ovazione per la Segre  "Bisogna superare l'odio"

Roma. «Quella spilla cos'è un ramo d'ulivo?». L'attenzione di tanti è attratta dal serto brillante sul poncho di velluto blu indossato da Liliana Segre. La senatrice a vita sopravvissuta ad Auschwitz dallo scranno più alto di Palazzo Madama guida la prima seduta della nuova Camera Alta che eleggerà presidente Ignazio La Russa. In realtà la spilla sembra più un ramo di fiori di pesco, ma l'ulivo sarebbe stato perfetto perché il suo discorso parla di Pace e di pacificazione nazionale.

Segre è stata scelta per motivi di età, eppure c'è molto di simbolico nella sua presidenza per un giorno del Senato a maggioranza di centrodestra, che ha come premier in pectore per la prima volta una donna, Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia, ultima evoluzione del Msi e di An. «Il popolo ha deciso - dice-. È l'essenza della democrazia. La maggioranza uscita dalle urne ha il diritto-dovere di governare; le minoranze hanno il compito altrettanto fondamentale di fare opposizione. Comune a tutti deve essere l'imperativo di preservare le Istituzioni della Repubblica, che sono di tutti». «Per superare il clima d'odio» ha avvertito, bisogna «smetterla con la politica urlata».

Un discorso potente, emozionante, personale, quello di Segre, 92 anni, che provoca diverse standing ovation. «In questo mese di ottobre - dice, con voce sottile, ma senza cedimenti- nel quale cade il centenario della Marcia su Roma, che dette inizio alla dittatura fascista, tocca proprio ad una come me assumere momentaneamente la presidenza di questo tempio della democrazia che è il Senato della Repubblica. Ed il valore simbolico di questa circostanza casuale si amplifica nella mia mente perché, vedete, ai miei tempi la scuola iniziava in ottobre; ed è impossibile per me non provare una sorta di vertigine ricordando che quella stessa bambina che in un giorno come questo del 1938, sconsolata e smarrita, fu costretta dalle leggi razziste a lasciare vuoto il suo banco delle scuole elementari, oggi si trova per uno strano destino addirittura sul banco più prestigioso del Senato!».

Non c'è nessuno che non applauda in piedi a queste parole, da destra a sinistra dell'emiciclo diventato troppo ampio per i 200 senatori. E colpisce tutti il parallelo tra il passato e il presente, con «l'atmosfera agghiacciante della guerra tornata nella nostra Europa, vicino a noi, con tutto il suo carico di morte, distruzione, crudeltà, terrore... una follia senza fine». C'è l'invasione russa dell'Ucraina e lo spettro di una terza guerra mondiale, ma per Segre bisogna fare prima i conti con la propria storia per essere protagonisti credibili sulla scena internazionale. Forse con questo spirito riceve il mazzo di rose bianche tra le braccia che hanno tatuato il numero 75190 del lager da quel La Russa che, come Meloni, ha più volte ripetuto: «Con il fascismo abbiamo chiuso». Lei vorrebbe che quel gesto lo facessero tutti gli italiani, mette in guardia dalla «politica urlata che fa crescere la disaffezione al voto» e raccomanda di non ritenere più «divisive» date come il 25 aprile, festa della Liberazione, il 1 maggio, festa del Lavoro, il 2 giugno festa della Repubblica. Per ora, è il giudizio sul suo discorso a mettere d'accordo tutti. «Molto ragionato, mi è davvero piaciuto», di Silvio Berlusconi. Meloni: «Molto bello!». Pierferdinando Casini: «Il richiamo alle date ricorda che urge una memoria condivisa».

Paola Binetti: «Il perdono serve a rilanciare l'Italia». Avviene alla fine di una mattinata in cui Segre ha fatto lo spoglio delle schede, senza votare lei stessa, come già in passato è successo. «La Russa, bianca, La Russa, La Russa, bianca...».

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