La voce di Giuliano Sangiorgi dei Negramaro, la musica della notte della taranta, le luci dei fratelli Parisi, il cibo geniale di Ippazio Turco, l'obiettivo elegante di Edoardo Winspeare, il presepe di piazza del Duomo e poi Lecce e poi il Salento. Su tutto, prima di tutto, Christian Dior. Non c'è l'errore, non è un abbaglio da canicola, è stoffa pregiata, roba verissima, in un'estate di vento e di follia, quarantacinque modelle hanno sfilato per nessuno e, in contemporanea, per il mondo. Dior on line, questa è la nuova moda della moda, il Covid ha eliminato i ventagli, le riverenze e le ali di pubblico ma ha aperto un nuovo discorso «social», più largo, più esteso, Chiara Ferragni ha fatto da miele e da ape regina assieme, ronzando per la Puglia.
La casa di Francia ha scelto Lecce e quella fetta di terra che si chiama Salento, da ieri non soltanto lu mare, lu sole e lu ientu ma anche lu paraisu de Christian (Dior), una piazza nobile, storica, antica e bellissima, trasformata in un set di arte contemporanea, luminarie accanto al barocco leccese, decorazioni sgargianti di lampadine e fregi e statue tra il Seminario e il Duomo, demoni e angeli assieme. Dentro, la sfilata, pochi privilegiati, scelti dal vescovo padrone di casa nel senso vero del sito prescelto, fuori, l'attesa, mille curiosi a sbirciare oltre il tendone nero, uomini severi in divisa dello stesso colore a guardia di quel telo alle loro spalle, lo stesso nero delle automobili, van e limousine, fotogrammi di un film di Tarantino, sussurri di strada, segnalato Johnny Depp, no è un sosia, forse arriva Depardieu che ha casa due metri più in là ma è fuggito di notte per il fracasso della movida (proprio lui). Chiuri Maria Grazia, stilista, direttrice artistica creativa della maison francese, ha il volto pallido, di cera, fatica e azzardo sono state, per lei, questa scelta salentina, dopo il blocco per il virus. Ma il vaccino del Salento ha sconfitto la paura e l'incertezza.
Le teste di avenue Montaigne, al civico 30, erano preoccupate per luogo, trasporti, alberghi, ignorando come la terra leccese sia una miniera di pepite preziose. Madame Chiuri, che ha vissuto e tiene dimora a Tricase, sapeva di poter vincere la sfida con i parigini, come ha vinto altre mille partite nella sua carriera, lunga e breve, gloriosa e feroce, ha unito la classe alla storia, la tradizione alla novità, la nostalgia del tombolo, delle Costantine di Uggiano, all'arte professionale dell'alta sartoria per la collezione che arriverà nei negozi a novembre e che copre estate e inverno, portando il nome furbo di Resort, stando alle abitudini di chi poi villeggia tra Marrakesh e Gstaad. Il Salento ha vinto la sfida, l'ha vinta Lecce, l'ha vinta Christian Dior, l'hanno vinta anche i leccesi che non hanno potuto vedere dal vivo, toccare con gli occhi le creazioni, sentire il profumo delle splendide modelle, partecipare alla sagra ma hanno giocato con la fantasia che è merce ormai sempre più rara e di questa notte magica conserveranno memoria. Dovrebbero conservarla e soprattutto studiarla, sindaco, governatore, istituzioni cittadine, provinciali, regionali.
La festa di Christian Dior deve essere l'inizio di un'altra sfilata, quella del Salento, terra di moda e della moda, nuovi trasporti, nuove strade, nuove strutture per ripagare la fiducia e adeguarsi a un mondo che non può essere ancora e soltanto sciocca movida. Una delle frasi luminose, in francese, all'ingresso della piazza, ricordava: «A volte si possono fare le rivoluzioni senza averle cercate». Si può dire, grazie a Dior.
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