Anche se virtuale, il G7, convocato martedì con urgenza per discutere sulla questione afghana, ha creato un corto circuito palpabile tra Washington e gli alleati. La notizia che troneggia nei dibattiti è il rifiuto degli Stati Uniti di prolungare la permanenza in Afghanistan dopo il 31 agosto. È mancata quella visione comune che nello spazio di pochi mesi consentirà a Russia e Cina di inserire le loro pedine nello scacchiere mediorientale senza colpo ferire. Il meeting dei grandi della terra, previsto a Roma dal 30 al 31 ottobre, porterà Putin e Xi Jinping a giocare a carte scoperte. Sono loro ad avere una grossa influenza diplomatica in questo momento sui talebani, anche perché le rispettive ambasciate rimangono aperte e attive sul territorio.
Nel frattempo una sonora bocciatura della strategia Biden arriva dall'autorevole Wall Street Journal, che condanna senza mezzi termini la sua gestione. Per il quotidiano di New York si starebbe inchinando alle richieste dei talebani, respingendo i consigli di Johnson e Macron. «Il ritiro afghano è uno dei più tristi fallimenti degli Stati Uniti negli ultimi decenni. Biden avrebbe dovuto inviare truppe sufficienti per creare zone sicure e recuperare gli americani e gli alleati bloccati. Questo avrebbe salvato un po' di onore e credibilità». Anche i francesi Le Monde e Figaro non trattano con i guanti bianchi l'inquilino della Casa Bianca, accusandolo di non ascoltare gli alleati. Secondo indiscrezioni il più infuriato tra tutti sarebbe Boris Johnson, che da presidente di turno del G7 auspicava un personale trionfo diplomatico sul quale il Regno Unito avrebbe messo il cappello. Da Downing Street non arrivano dichiarazioni ufficiali, ma le parole del ministro degli Esteri Dominic Raab rendono bene l'idea: «La Casa Bianca non ha fatto squadra con gli alleati. Sarebbe stato il caso di fare pressioni sui talebani per avere più tempo per le evacuazioni».
La strada del dialogo viene indicata anche da Angela Merkel, convinta che si debba continuare «a conversare per preservare i cambiamenti che abbiamo realizzato negli ultimi 20 anni», mentre l'Ue sembra orientata sugli aiuti umanitari. La Commissione ha quadruplicato il fondo per l'assistenza, portandolo da 50 a oltre 200 milioni, ma ha congelato l'oltre un miliardo stanziato per lo sviluppo. «Dobbiamo aiutare soprattutto coloro che sono a rischio immediato, ovvero donne, ragazze e bambini, che costituiscono la stragrande maggioranza degli sfollati», commenta la presidente Ursula von der Leyen.
Cina e Russia stanno gestendo la crisi afghana con maggior sangue freddo, preparandosi a trattare direttamente con i talebani. L'Afghanistan rappresenta una posizione strategica per Putin che ha una base miliare nel vicino Tagikistan. La stabilità interna è invece necessaria per gli investimenti di Pechino. Il territorio afghano è zeppo di materie prime di vitale importanza per l'industria cinese, disponibili a due passi. «La Cina è pronta a rafforzare l'interazione e il coordinamento con l'intera comunità internazionale, compresa la Russia, e invita tutte le parti per la creazione di una struttura politica aperta e inclusiva», dichiara Xi Jinping.
Da parte sua Putin è pronto a «uno stretto coordinamento e a intensi rapporti bilaterali con la Cina», mentre il ministro degli Esteri Sergej Lavrov ha sottolineato il fallimento Biden con un laconico «non è necessario insegnare a nessuno come vivere, figuriamoci costringerlo con la forza».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.