San Paolo - Pane imburrato e tostato e caffè latte. Questa la parca colazione domenicale che ieri è stata servita al detenuto più importante di sempre del Brasile, quel Luiz Inácio Lula da Silva. La stessa di tutti gli altri detenuti a differenza della cella, visto che la sua è un'ampia camera da 15 metri quadrati con tanto di tavolo di lavoro, televisione, bagno privato, doccia con acqua calda separato dalla sezione notte col letto e, dulcis in fundo, nessuna grata alle finestre.
Non fosse che siamo al quarto ed ultimo piano dell'edificio che ospita la sede della Polizia federale di Curitiba, nel sud del Brasile, la cella in cui è entrato Lula ieri quando in Italia erano da poco passate le 3 e mezza del mattino sarebbe definita «un'ampia suite». Ciò non toglie che l'ex presidente tornato al lessico radicale d'inizio carriera quando perse tre elezioni proprio per questo seppellendo la sua immagine di «Lula pace e amore» che lo fece trionfare al quarto tentativo (nel 2002), ieri avesse una faccia molto cupa quando ha salutato tutti i poliziotti prima di andarsene a letto.
Ha però dormito poco Lula la prima notte in carcere, a causa dei tanti pensieri e dei tanti volti che gli affollavano la mente. A cominciare da quello di Michel Temer, l'attuale presidente, il traditore di Dilma Rousseff, scelto proprio da lui per fare il vice della sua delfina «per le sue indubbie capacità organizzative e di dialogo», come disse Lula stesso, nell'ormai lontano 2010.
«Che vita assurda, io sono qui per un semplice attico su tre piani con piscina vista mare, neanche a Rio ma a Gaurujá, mentre Temer con le sue due denunce penali, sta fuori», deve aver pensato Lula, mentre tentava di prendere sonno. Inutilmente perché poi gli appariva in sogno, facendolo sobbalzare, quel Leo Pinheiro, l'ex presidente della OAS, l'impresa che era riuscita ad ottenere dalla Petrobras lulista appalti per 2,9 miliardi di reais (circa un miliardo di euro) in cambio di 87,6 milioni di tangenti, usate per fare donazioni ai partiti di governo e regalare ristrutturato e sotto prestanome l'attico di cui sopra.
«Pinheiro (è lui che ha confermato ai giudici che la tangente sotto forma di attico era per la famiglia Lula, ndr) quel giuda è anche lui qui in carcere, da anni». Così come Antonio Palocci, un altro degli incubi che hanno tolto il sonno a Lula nella sua prima notte da galeotto, «il coordinatore della mia prima campagna elettorale dopo la morte di Celso Daniel e di quella di Dilma sta appena tre piani sotto» la «suite» di Lula. Si gira nel letto l'ex presidente cercando di dormire ma altri volti del suo passato fanno capolino nel suo inconscio.
Compreso «quell'italiano Cesare Battisti, perseguitato politico come me ma per merito mio lui sta fuori mentre io sto dentro» per di più a causa «di quel suo ex avvocato, Luis Roberto Barroso, che diventato ministro della Corte Suprema ha votato contro la mia libertà». Sono tante, troppe le maschere del passato che da ieri notte tormentano Lula.
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