Come nel giallo di Agatha Christie, «Dieci piccoli indiani. E non rimase nessuno», a Pechino sparisce un altro pezzo da novanta del regime di Xi Jinping. Il paragone con il capolavoro della scrittrice inglese è dell'ambasciatore americano in Giappone, Rahm Emanuel. E il mistero a cui si riferisce è la sparizione dai radar del ministro della Difesa cinese, Li Shangfu, 65 anni, la cui assenza - ha ironizzato ancora Emanuel su X - sarebbe la riprova di come «il tasso di disoccupazione» stia crescendo in Cina. Il forte sospetto degli Stati Uniti è che il generale sia finito in una delle purghe che il presidente, leader supremo al terzo mandato, mette in atto da tempo, in nome della lotta alla corruzione, per eliminare oppositori o collaboratori scomodi, tra cui diversi membri dei vertici militari e il ministro degli Esteri Qin Gang, sparito e rimpiazzato a luglio senza spiegazioni da parte di Pechino. Questo sarebbe anche il caso di Li, che non si vede in pubblico da oltre due settimane e secondo alcuni funzionari americani e membri dell'intelligence è stato rimosso dal suo incarico, appena sei mesi dopo la nomina, e sarebbe sotto inchiesta, pur essendo considerato finora uno dei preferiti del presidente, tanto da essere, per il suo altro ruolo di consigliere di Stato, persino un gradino sopra gli altri ministri. Caratteristiche che lo accomunano all'ex numero uno della diplomazia cinese Qin Gang. Così come le circostanze della sua sparizione. Entrambi, prima di uscire di scena, hanno accampato generici «problemi di salute». Nel caso di Li, le questioni di salute sarebbero emerse qualche giorno prima di un evento annuale con i vertici della Difesa del Vietnam, previsto per il 7 settembre e disertato dal ministro. L'ultima volta che Li è stato visto in pubblico risale dunque al 29 agosto.
Il background del ministro della Difesa, però, è del tutto diverso da quello del defenstrato Qin Gang. Figlio di un comandante di alto rango dell'Esercito popolare di liberazione (Pla) - le Forze armate della Repubblica Popolare -, prima di arrivare al vertice del Dicastero, il generale è stato un esponente del più alto rango della commissione militare centrale. E prima ancora, dopo un master in Ingegneria e per oltre trent'anni, ha lavorato presso il centro militare di lancio satellitare di Xichang. Nel 2016 era stato nominato vice comandante dell'allora nuova forza di supporto strategico dell'esercito, organismo d'élite che aveva l'obiettivo di accelerare lo sviluppo delle capacità di guerra spaziale e informatica della Cina. Nel 2018, come direttore del dipartimento di sviluppo delle attrezzature militari, è stato sanzionato dagli Stati Uniti allora guidati da Donald Trump, per l'acquisto di attrezzature militari russe da parte dell'esercito cinese. Anche per questo, secondo Bonnie Glaser, esperto di Cina del German Marshall Fund citato dal Financial Times, l'uscita di scena di Li potrebbe favorire un eventuale incontro con il segretario alla Difesa Usa, Lloyd Austin, che considerava il ministro fra i principale ostacoli al dialogo.
Sul caso, Pechino stende il solito silenzio di regime. «Non sono a conoscenza della situazione», ha risposto in un briefing con i media il portavoce del ministero degli Esteri cinese.
Ma la lista degli epurati si allunga dopo che, appena due mesi fa, Xi ha rimosso i due principali generali della Forza missilistica dell'Esercito, che supervisiona l'arsenale di missili a lungo raggio e armi nucleari della Cina, in continua espansione.
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