Abbiamo sentito spesso parlare di supernove, stelle di grande massa che alla fine dei loro giorni esplodono trasformandosi in oggetti cosmici superdensi, ma piccolissimi. Oggi abbiamo la conferma di un nuovo fenomeno fisico altrettanto affascinante: la «kilonova». Si tratta di uno scontro cosmico fra due oggetti «estremi» dell'universo, le stelle di neutroni, astri in estinzione che condensano tutta la loro energia (decisamente superiore a quella solare) in pochi chilometri di diametro. È il risultato dell'azione del telescopio «Smarts», ospitato dal «Ctio» (Cerro Tonolo Inter-American Obesrvatory), pubblicato in questi giorni su Nature.
Riferimento al sistema stellare CPD-292176, a più di 11mila anni luce dalla Terra, nel cuore della Via Lattea, dove brillano almeno 200 miliardi di stelle. Una decina appena i sistemi stellari soggetti a fenomeni analoghi, fra cui quello individuato in seguito alla scoperta delle onde gravitazionali, nel 2017, grazie agli interferometri americani e europei. Si indagò la natura e la provenienza di queste perturbazioni cosmiche arrivando a identificare il sistema AT2017gfo, simile a quest'ultimo, ma con una tipica nube di fuoco asimmetrica e in fase evolutiva più avanzata. Qui invece è un rarissimo sistema binario, due stelle ruotanti intorno a un baricentro comune, in equilibrio gravitazionale fra loro; soggetto a una geometria perfetta, riconducibile a una elegante e colorata sfera. Di solito due stelle di questo tipo terminano la loro vista esaurendosi e separandosi. In questo caso, riferibile al termine tecnico «supernovae ultra-stripped», si osserva un avvicinamento fra i due copri celesti, che fondendosi danno origine a una kilonova. Albert Sneppen, del Niels Bohr Institute di Copenaghen, dice che non era prevedile un'evoluzione del genere, e che probabilmente gli studi necessari a comprendere la genesi delle kilonove sono da riformulare. Lo affianca Darach Wastson, comprimario dello stesso istituto, parlando di «bomba magnetica», capace di distribuire in modo omogeneo la materia intorno a sé; prima del definitivo collasso che potrebbe portare alla nascita di un buco nero. «Nessuno si aspettava che l'esplosione fosse così. Non ha senso che sia sferica, come una palla. Ma i nostri calcoli mostrano chiaramente che lo è. Questo probabilmente significa che le teorie e le simulazioni delle kilonove che abbiamo preso in considerazione negli ultimi 25 anni mancano di dati importanti», ha aggiunto Watson. Magnetar, non a caso, indica una stella di neutroni caratterizzata da un enorme campo magnetico, miliardi di volte più potente di quello terrestre. Con la collisione e la relativa esplosione, si assisterebbe dunque alla produzione di elementi pesanti, come ferro, oro, argento, platino e uranio. Di fatto le stelle quando esauriscono completamente il tradizionale «carburante» composto da atomi leggeri come l'idrogeno e l'elio, consumano gli elementi che pesano di più, procrastinando l'inevitabile fine. Con una massa elevata si formano stelle superdense nel momento in cui protoni carichi positivamente ed elettroni negativi soggetti a forti pressioni si annichiliscono a vicenda trasformandosi in neutroni.
Nelle kilonove potrebbe avvenire il contrario, grazie all'intervento dei neutrini, particelle misteriose, di massa piccolissima, che potrebbero mediare la trasformazione dei neutroni in protoni ed elettroni, e dunque in elementi chimici a tutti gli effetti. Gli scienziati si riferiscono alla nucleosintesi da processo r (che indica rapido) per spiegare la nascita ex novo di elementi in un periodo di tempo ristretto.
La coalescenza di due stelle di neutroni con relativa esplosione ed emissione di raggi gamma, potrebbe infine aiutarci a comprendere dinamiche cosmologiche che ci tormentano da tempo. Come il mistero riguardante la velocità di recessione che sta portando a un progressivo allontanamento delle galassie, alla base dell'espansione dell'universo.
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