
Se in vino veritas, stiamo diventando un popolo di bugiardi. La crisi del vino, ammiraglia del made in Italy dell'agroalimentare, è ormai strutturale, per quanto ci si affanni a cercare soluzioni per arginarla. L'Italia resta il primo produttore mondiale, con una vendemmia 2024 stimata in 41 milioni di ettolitri, davanti a Spagna (39,8) e Francia (39,2) ma il dato suscita un sorriso stiracchiato: sia perché l'andamento storico è negativo anche a causa dei cambiamenti climatici che espongono i vigneti a eventi atmosferici ogni anno più estremi (siccità, alluvioni, grandine, gelate), sia perché la Francia ci straccia ancora in termini di valore: si pensi che il vigneto Italia esporta (dato 2022) 21,9 milioni di ettolitri con un fatturato di 7,8 miliardi di euro, mentre i cugini transalpini con appena 13,9 milioni di ettolitri trasferiti all'estero incassano 12,3 miliardi. Che il vino francese sia più blasonato anche grazie a un marketing secolare e non decennale come il nostro è un dato di fatto, e consolarsi con il fatto che non sia necessariamente anche più buono suona con una beffa che si aggiunge al danno.
Ma la tendenza che preoccupa di più è quella di un consumo interno sempre più asfittico. Una statistica Eurostat un po' vecchiotta (è del 2019) ma assai eloquente identifica nell'Italia il secondo Paese europeo dopo la Croazia per numero di astemi: il 35 per cento della popolazione nell'anno preso in considerazione (l'ultimo prima del Covid) non aveva toccato alcol, contro una media europea del 26. Secondo i dati Ismea aggiornati all'ottobre 2024 il consumo di vino in Italia si è praticamente dimezzato negli ultimi trent'anni. Colpa dell'inverno demografico ma anche del cambio di abitudini, dei rischi per la salute, delle etichette allarmistiche (è di ieri un nuovo allarme di Coldiretti sulla «follia tutta ideologica» del Nutriscore e di norme «prive di fondamento scientifico»), e non ultimo dell'inasprimento delle norme del codice della strada, che rischiano di trasformare una serata in un wine bar in una caporetto. Il vino, un tempo apportatore di calorie a prezzo relativamente basso, è ormai confinato a un consumo colto e consapevole, limitato a momenti particolari di socialità e a certe fasce anagrafiche, quelle degli «over». I giovani, loro sembrano preferire altri consumi alcolici più economici e immediati, quando non l'assoluta astinenza. «In Italia - dice Ilaria Cisbani, market analyst di Nomisma Wine Monitor - gli appartenenti alla Gen Z consumano vino solo in occasioni speciali, hanno una scarsa conoscenza del prodotto e quando lo scelgono prestano attenzione primariamente alla gradazione alcolica e alla sostenibilità. E lo stesso accade anche negli Stati Uniti e questo spiega perché i no alcohol wines, negli USA, sono già una realtà diffusa».
Per molti anni è stato l'export a sostenere l'industria vitivinicola italiana. Molte grandi aziende contano sul mercato estero e quasi rinunciano a promuovere in patria. Il trend fino a oggi ha retto, soprattutto grazie ai consumatori statunitensi, che amano le nostre etichette. Ma nell'XI Forum del Wine Monitor di Nomisma di qualche giorno fa è emerso che tra i dodici principali mercati di import si sono registrate variazioni positive solo per Stati Uniti, Canada, Cina e Brasile. In tale quadro, gli acquisti di vino dall'Italia crescono più della media grazie soprattutto agli spumanti e in particolare all'interminabile boom del Prosecco (+4,8 per cento in valore tra il 2023 e il 2024). Mentre i vini rossi, tradizionalmente più alcolici e costosi, soffrono di più a causa della polarizzazione dei consumi verso globali verso prodotti a basso tenore alcolico, più semplici ed economici.
Ma nuvole scure si addensano sull'orizzonte del vino italiano a causa della minaccia di dazi da parte dell'amministrazione Trump. In questo scenario incerto, fondamentale sembra la ricerca di nuovi mercati di sbocco come l'Europa dell'Est, l'America Latina, l'Estremo Oriente.
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