Roma - Fallisce il piano di Matteo Renzi per il rilancio de L'Unità. Diciotto mesi dopo il ritorno in edicola, il quotidiano fondato da Antonio Gramsci rischia di chiudere i battenti. La situazione, già precaria da mesi, è esplosa nella giornata di ieri: l'amministratore del gruppo Pessina (azionista di maggioranza del quotidiano) Guido Stefanelli, attraverso una delegata, ha comunicato al comitato di redazione la volontà di procedere a licenziamenti collettivi senza ammortizzatori sociali.
Una decisione che ha interrotto di colpo le trattative sindacali per la trasformazione dei contratti di lavoro dei giornalisti da articolo 1 in articoli 2 per scongiurare la crisi. Nell'assetto societario de L'Unità Srl, l'80% è di proprietà del gruppo Pessina mentre il 20% è detenuto dalla fondazione Eyu (Europa Youdem-Unità) che fa capo al Pd. Al Partito democratico e a Renzi si è appellato, Sergio Staino, direttore del quotidiano, nella conferenza stampa convocata alle 16 di ieri, dopo l'annuncio dei licenziamenti. «Il Pd, socio di minoranza dell'Unità con il 20% delle quote, faccia sentire la sua voce - ha tuonato Staino. In questi quattro mesi della mia direzione, dopo un incontro gioioso con il segretario del partito Pd, non ho visto più nessuno».
Staino, che appoggia lo sciopero indetto dai suoi giornalisti, ha chiesto a Renzi di chiarire cosa voglia fare de l'Unità. Il direttore ha anche ricordato vicende spiacevoli registrate in queste settimane, come il duro «no» alla distribuzione delle copie del giornale alla Leopolda o il rifiuto di Renzi, ancora presidente del Consiglio, a partecipare a un forum organizzato dal quotidiano.
Anche il Comitato di redazione ha chiesto un intervento diretto dell'ex premier: «Vogliamo in incontro in tempi urgenti. Dal Pd è arrivata solo una nota in cui si esprime solidarietà ai giornalisti e l'impegno a ricapitalizzare per la propria quota nell'assemblea dei soci di oggi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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