Il macabro spettacolo di Carrito orso-divo e cucciolo senza regole

Nessun marsicano si è avvicinato così tanto all'uomo. Ma sua mamma era rivoluzionaria

Il macabro spettacolo di Carrito orso-divo e cucciolo senza regole

Il guaio è che si fidava troppo dell'uomo, da sempre. Dicono che sia nato così. La statale 17 è lunga quasi 18 chilometri e va da Castel Di Sangro a Isernia. È l'Abruzzo che si ritrova Molise. Sono due corsie, una per andare e l'altra per tornare, e attraversa undici gallerie. La larghezza totale è poco più di tre metri e mezzo. È una striscia di cemento che scorre tra i monti. Qualche nome lo conosci, perché qui ci sono piste da sci: Roccaraso, Pescocostanzo, Rivisondoli. È un buon posto dove cercare cibo senza troppa fatica. È sera e lui non sa cosa può arrivare dopo un tunnel e ha attraversato la strada nel momento sbagliato. È stato travolto da una Opel Corsa bianca, schiacciato con tutti i suoi 150 chili contro il guard rail. Non è morto subito.

Quando muore un orso marsicano pensi al giorno in cui non ne resterà più nessuno. Le probabilità sono alte. È una lotta contro l'estinzione. Ne sono rimasti una sessantina e vivono nelle zone del Parco nazionale Abruzzo, Lazio e Molise. Non fanno troppo caso ai confini e negli ultimi anni tendono a allargare il loro territorio. Le femmine in media partoriscono due gemelli l'anno, la gestazione dura circa sei mesi. Li protegge la madre, che deve preoccuparsi di troppe cose, compresi i maschi che uccidono i figli.

Ogni nascita è una benedizione. Juan Carrito aveva tre anni e non era un orso qualsiasi. Era un personaggio, un simbolo, un'anomalia, un problema. È finito su Vanity Fair. Parte della sua fama la deve a un documentario. Il marsicano: l'ultimo orso. Il regista è Massimiliano Sbrolla. Nelle valli del parco invece è famoso praticamente da quando è nato. È uno dei quattro figli di Amarena, quasi una leggenda. L'orsa di un'intelligenza sublime, che purtroppo ha fatto crescere i suoi cuccioli nelle strade dei paesi, sfidando i guardia parchi, seminando i suoi inseguitori, stupendo tutti con quel parto quadrigemellare, madre straordinaria. Bella da raccontare. È che gli orsi dovrebbero stare lontano dagli umani. La vita non è un film e Amarena ha rotto un tabù. Si è avvicinata troppo. Non vedeva l'uomo come un nemico. Non si preoccupava e aveva trovato il modo per sfamare i figli senza competere con gli altri orsi. Non te ne stai nei boschi a cacciare, non ti spartisci prede e carcasse, te ne freghi di territori e gerarchie. Amarena, se la guardi con sguardo umano, è femminista e rivoluzionaria. Amarena però a ogni passo ha sfidato la sorte e ha rotto ogni patto di convivenza. Carrito ha fatto di peggio. È andato oltre, cose mai viste per un orso marsicano.

Carrito che da cucciolo insegue le galline nel cortile, Carrito che beve e si fa il bagno nella fontana di Villalago o di Bisegna, Carrito che a volte sembra un labrador, dolce, amichevole, simpatico. Carrito che forse non sa di essere un orso. Carrito che di notte rapina le pasticcerie, Carrito che a Pescasseroli sceglie il meglio tra i cassonetti, di solito il giorno dell'umido, rispettando i giorni della raccolta differenziata. Carrito che si lascia fotografare davanti al ristorante stellato di Niko Romito. È la vita di una star e non finisce bene. C'è un maledetto video che in questi giorni sui social. Sono gli ultimi momenti di via di Juan Carrito, agonizzante.

Luciano Sammarone, presidente del Parco, ha detto giustamente che quelle immagini sono una vergogna. La morte di Juan Carrito è un fallimento. La prima regola dei marsicani è un'altra: l'orso senza fama campa più a lungo.

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