Macron agita l'ombrello atomico francese ma rischia di restare a corto di munizioni

Il presidente lancia l'offerta nel discorso alla nazione. Ma deve aggirare la Carta. Inglesi con le mani legate

Macron agita l'ombrello atomico francese ma rischia di restare a corto di munizioni
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Ieri il primo ministro polacco, Donald Tusk, ha raccolto la proposta francese di estendere l'ombrello nucleare transalpino, per dar vita a una deterrenza continentale che affianchi il riarmo collettivo dell'Europa. Ma ha pure chiarito che la Polonia dovrebbe aver il diritto di decidere sul suo potenziale utilizzo a fronte della maxi-spesa per la difesa vantata: 4,7% del Pil entro l'anno. Vista, la posizione geografica assieme ai Baltici, e rispetto alla «minaccia russa»" agitata dall'Eliseo, Varsavia chiede di fatto un pulsante bis da attivare secondo necessità; o anche solo da vantare. Emmanuel Macron ha avanzato perfino davanti ai francesi la proposta di condividere l'arma atomica nel discorso alla nazione di mercoledì. Ma ha inequivocabilmente detto che la decisione ultima sul «pulsante» rimarrebbe saldamente «nelle mani» del capo dello stato d'Oltralpe. Dunque cosa c'è in campo? Fiction o realtà? Finora, discussioni tra il cancelliere tedesco in pectore Merz e Macron, dopo due anni di tentativi andati in fumo con l'uscente Scholz. Con l'ipotesi realistica di schierare i Rafale in Germania.

Per Tusk, i britannici hanno infatti «un problema, non possono usare le loro armi nucleari senza la partecipazione degli americani». I missili Trident che trasportano le bombe (225 quelle inglesi) sono Made in USA e subiscono una sorta di veto, mentre la Francia produce tutto in casa. Parigi ha inoltre mantenuto una componente strategica aerea oltre a quella sottomarina (4) che rende la sua atomica «flessibile». Ma l'offerta «europea» è valida solo in cambio di una partecipazione economica importante, ha fatto sapere l'Eliseo, da parte dei Paesi membri che a quel punto dovrebbero «contribuire» allo sforzo storico di Parigi, la cui arma per Costituzione protegge solo se stessa: non l'Europa ed è indipendente dalla Nato.

Finora si è detto che l'ipotesi sarebbe stata realistica solo in caso di disimpegno americano. Politicamente non è più tabù ed è già diventata una questione economica. Macron spinge sull'acceleratore del pericolo russo rispondendo al Cremlino dopo l'accusa di voler tornare ai tempi di Napoleone: «Se reagisce - ha spiegato - è perché Putin sa che può tradire gli accordi che firma, e io sono qui a testimoniarlo dato che con Merkel eravamo i garanti degli accordi di Minsk che la Russia ha violato». Insomma, mentre si cerca di trovare una quadra per difendersi meglio collettivamente, con Kiev che ha già chiesto all'Italia più informazioni sulla proposta della premier Meloni di estendere all'Ucraina l'articolo 5 della Nato, che prevede che tutti i membri dell'Alleanza considerino un attacco a uno di essi come un attacco a tutti, pur senza offrirle l'adesione, Macron gioca al rialzo. Perché?

Parigi possiede 290 testate nucleari. Ma molti concordano sul fatto che, in caso di conflitto prolungato, potrebbe trovarsi rapidamente a corto di munizioni standard e non sarebbe in grado di resistere a lungo. Ed è qui che entra in gioco l'accordo europeo per la difesa comune, con l'offerta di nucleare «condiviso». Se è vero che la credibilità della deterrenza risiede nel fatto che non bisogna far credere ai nemici che la decisione è presa in comune in una sorta di consesso, ma in velocità da uno solo, Parigi ha un portafoglio che piange. L'argent magique non esiste. Il debito resta debito. E una Francia che spende già circa 900 miliardi per tenere in piedi il suo modello sociale, un terzo del suo Pil, record mondiale ricordava ieri Le Figaro, sarebbe quasi inevitabile tagliare il welfare; a meno che dagli alleati Ue non arrivino fondi importanti per la concessione dell'ombrello.

Macron prova dunque a

giocare il jolly: preparando i francesi a digerire i suoi fallimenti interni agitando lo spettro della guerra. In casa. E in sede Weimer (Francia, Germania, Polonia). Con un esercito di 200mila soldati e 40mila riservisti.

FDR

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