"Made in Italy a rischio. I redditi di cittadinanza? Li facciamo lavorare noi"

Il numero uno di Assosomm: "La guerra inciderà su scarpe, mobili e turismo di lusso"

"Made in Italy a rischio. I redditi di cittadinanza? Li facciamo lavorare noi"

Il lavoro non dorme mai. Ne è convinto Rosario Rasizza, cofondatore e amministratore delegato di Openjobmetis, da poco confermato per il terzo mandato consecutivo presidente di Assosomm, l'associazione italiana delle Agenzie per il Lavoro. Oggi ce ne sono 115 con 2.800 sportelli. A gennaio 2022 sono 110.427 i lavoratori assunti a tempo indeterminato dalle Agenzie, mentre 381.427 quelli con un contratto a tempo determinato. Nel 2021, complessivamente, sono stati attivati 58.005 corsi di formazione professionale, totalmente gratuiti per i 282.552 corsisti avviati al lavoro, il 40% dei quali si è tradotto in un'assunzione immediata.

Secondo l'ultima rilevazione Censis per Assosomm, oggi i lavoratori in somministrazione rappresentano il 16,5% di tutti gli occupati a tempo determinato, con margini di crescita incoraggianti. Più 24% di occupati nel 2021, ore lavorate +29%, un monte retributivo aumentato del 27%. «La somministrazione è la porta d'ingresso al mercato del lavoro. Sia per chi è alla ricerca del primo impiego, sia per chi ha esperienza e skills, sia per gli over 50 che si devono reinventare. Non solo perché le aziende stanno comprendendo i vantaggi della buona flessibilità, ma perché tanto gli imprenditori quanto i lavoratori stanno entrando sempre più in contatto con le nostre potenzialità: formazione, ricollocazione rapida, welfare. In un mercato dove non può esserci più spazio per l'irregolarità e la disoccupazione», sottolinea Rasizza.

In momenti di grande incertezza per le imprese, in cui il prezzo dell'energia sta scardinando i budget, la somministrazione permette una maggior stabilità per i lavoratori. Secondo la tendenza individuata dal rapporto Censis-Assosomm, appena prima dello scoppio della guerra in Ucraina, il 32,1% dei nuovi posti di lavoro sarebbe dovuto arrivare da servizi, commercio e turismo, il 25% era atteso dall'industria (soprattutto mobilità e logistica), il 15% da finanza e informatica.

Eppure c'è una norma che rischia di mandare in fumo 100mila posti di lavoro. In sede di conversione del decreto fiscale, infatti, è stato introdotto nuovamente un limite temporale, al 30 settembre 2022, entro il quale i lavoratori assunti a tempo indeterminato non possono più lavorare presso lo stesso utilizzatore per più di 24 mesi. «Questo comporterà inevitabili e notevoli riduzioni degli organici, spiacevoli turn over e non pochi contenziosi, noi invece abbiamo il dovere di salvaguardare la stabilità di chi siamo riusciti ad assumere a tempo indeterminato. La questione è stata discussa nel tavolo tecnico al ministero del Lavoro. Forze politiche, sindacati e datori di lavoro convengono tutti sulla necessità di togliere il termine», ragiona Rasizza. Che su Reddito di cittadinanza e navigator ha un'idea ben precisa: «Dateci l'accesso alle banche dati, fateci intercettare i percettori del Reddito e quanti oggi si rivolgono ai Centri per l'impiego. Persino i 3.000 navigator. Persone in gamba, ma nel posto sbagliato al momento sbagliato. Senza strumenti, senza neanche l'auto per poter capire i territori da presidiare». Se il governo collaborasse, le Agenzie potrebbero reinserire nel mondo del lavoro anche loro, anziché alimentare l'aspettativa di un posto fisso, statale. «Oggi chi ha voglia può scegliere, i giovani scalpitano ed è bene, ma chi non lavora deve chiedersi perché: serve il lavoro fisso, non il posto fisso», è la sua provocazione.

«La crisi della manodopera è un fatto - osserva ancora Rasizza - ecco perché è importante aver istituito un tavolo di dialogo permanente con il governo e con la politica, nell'auspicio di rimanere lontani ogni deriva assistenzialista». E poi c'è lo scenario di guerra, che può cambiare tutte le carte in tavola. Sono in arrivo migliaia di profughi dall'Ucraina: «Faremo la nostra parte per creare almeno il conforto di una loro regolare dignità lavorativa. Possiamo avviare subito corsi professionali in tempi rapidi e senza alcun costo per i frequentanti. Ma dovranno prima essere affrontati temi come la barriera linguistica, il riconoscimento e l'equiparazione dei titoli di studio, il welfare, i ricongiungimenti familiari e gli accordi sulla circolazione dei professionisti. Penso, per esempio, alla necessità di infermieri per l'Italia». Ma a causa della guerra ci sono già ricadute immediate sui nostri lavoratori, e Rasizza lancia l'allarme sul Made in Italy: «In Veneto il comparto del mobile dà segnali di riduzione delle ore-lavoro. Stesso discorso per il settore calzaturiero nelle Marche. Per non parlare dei territori che attraggono la clientela russa, come Forte dei Marmi o la Sardegna. Altro che case a 20mila euro, abbiamo ricevuto disdette da giardinieri, manutentori o addetti alle pulizie».

Uno scenario complicato, a pochi giorni dal triste anniversario della morte di Marco Biagi, la cui intuizione trova nelle Agenzie per il Lavoro la migliore rappresentazione: «Il 19 marzo 2002 veniva assassinato a 51 anni il professor Marco Biagi, insigne e lungimirante studioso di mercato del lavoro e relazioni industriali. Il mondo della somministrazione non può che ricordare con gratitudine e riconoscenza l'impegno profuso dal professor Biagi per avere riscritto in chiave più attuale e moderna la normativa sulle tipologie contrattuali.

Si deve a lui il passaggio dal lavoro interinale, introdotto in Italia dal Pacchetto Treu del 1997, alla somministrazione, sia a termine che a tempo indeterminato, nonché la regolamentazione di altri aspetti del mercato del lavoro come l'utilizzo del fondo per la formazione professionale. In questi 20 anni, il mercato del lavoro ha subìto diverse ed ulteriori variazioni normative, ma l'impronta e il magistero di Marco Biagi è ancora presente ed attuale nell'impianto normativo», ha concluso Rasizza.

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