Ad aver archiviato il maggioritario rinverdendo lo spirito del proporzionale sono stati i partiti politici. Soprattutto quelli che più si dicono maggioritaristi. È dalle elezioni del 2013 che la quasi totalità dei partiti dà vita in Parlamento ad alleanze diverse da quelle prospettate in campagna elettorale e vota la fiducia a governi presieduti da personalità diverse da quelle annunciate agli elettori. Il proporzionale, nei fatti, è già tra noi. E se a risultarne è un quadro politico debole e incerto è perché deboli e incerti sono i partiti che lo animano. Quanto alla mitica «stabilità» che il maggioritario avrebbe dovuto garantire, beh, non si è vista. Dal 94 ad oggi abbiamo avuto 17 governi, ciascuno dei quali ha campato mediamente un anno e mezzo.
Ma non è per questo che, essendo radicalmente cambiato il quadro politico rispetto ai primi anni Novanta, ho iscritto da qualche anno il mio nome alla lista dei «pentiti» del maggioritario. E non solo a quella, essendomi pentito anche di aver sostenuto il referendum che nel 93 abrogò il finanziamento pubblico ai partiti. Ci ritroviamo, infatti, con partiti politici fragili e non più in grado di selezionare attraverso un cursus honorum la propria classe dirigente e di governo. Soprattutto ci ritroviamo con partiti camaleontici, mai come oggi privi di identità politica e di radici culturali. Ma questa non è colpa della legge elettorale. È l'epoca: un'epoca di passaggio.
La crisi del sistema politico italiano (conclamata dall'avvento di Mario Draghi) e l'esaurimento di un ciclo politico nazionale (la cosiddetta Seconda repubblica) coincidono, infatti, con l'eclissi di un ordine geopolitico internazionale, con la sparizione del ceto medio e la conseguente polarizzazione dell'offerta politica, con l'avvento di un nuovo spirito europeo grazie al quale è stato possibile finanziare, a debito, i Pnrr.
Tutto sta cambiando, è naturale che cambino anche i partiti. I valori, i principi, l'organizzazione interna, le affinità nazionali, le appartenenze internazionali... Chi più chi meno, tutti i partiti oggi rappresentati in Parlamento sono alle prese con scelte caratterizzanti.
Se vogliamo che la democrazia italiana funzioni e che i prossimi governi governino dobbiamo augurarci che questo processo si compia e il proporzionale è il sistema elettorale che meglio lo favorisce. Occorre ribaltare il celebre aforisma di Goethe, in un più realista «Dimmi chi sei, e ti dirò con chi vai».
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