Berlino - Questa volta la Bvg, l'azienda dei trasporti di Berlino, non si è fatta cogliere impreparata: all'annuncio dell'ennesimo sciopero dei macchinisti ha presentato un piano di emergenza. Troppi i sei giorni di astensione dal lavoro voluti dalla Gewerkschaft Deutscher Lokomotivführer (Gdl), sigla che raccoglie alcune migliaia di macchinisti, compresi quelli della metropolitana di superficie della capitale. Iniziato martedì, lo sciopero si concluderà solo domenica all'alba. Naturalmente anche Deutsche Bahn (DB) ha messo in piedi un piano sostitutivo; i passeggeri, da parte loro, ci hanno fatto il callo: l'agitazione di questa settimana è l'ottava dall'inizio dell'anno e la settima si era conclusa solo lo scorso 24 aprile. Un susseguirsi di stop intollerabile per le associazioni degli imprenditori. «Lo sciopero ci costerà mezzo miliardo di euro», ha protestato Dihk (Associazione di Camere di Commercio e Industria). Per Confindustria tedesca (Bdi), l'ennesima agitazione «è veleno per l'economia».
La ragione del contendere è l'aumento del 5% richiesto dai macchinisti, associato a una riduzione dell'orario di lavoro da 39 a 37 ore settimanali. Forte dei suoi 17 mila iscritti, Gdl ha rifiutato tutte le controproposte di DB, organizzando scioperi a catena, nonostante il dissenso dell'altro sindacato del settore, la Evg, che di tesserati ne ha 210 mila. La questione non è solo salariale. Da quando nel 2010 la Corte federale del lavoro ha abolito il principio «un'azienda, un sindacato», le sigle dei lavoratori sono proliferate, e con esse gli scioperi. Quelli negli aeroporti, voluti da un'associazione «ribelle», si sono fermati solo con la sciagura aerea della Germanwings.
La parola passa al governo. Angela Merkel ha telefonato alle parti in causa sollecitando un accordo, ma l'intervento non può bastare. Dopo aver irritato gli imprenditori con il salario minimo per legge voluto dagli alleati socialdemocratici (Spd), adesso la cancelliera li delude con lo sconquasso nei trasporti. La soluzione viene curiosamente ancora dall'Spd: un disegno di legge firmato dalla ministra del Lavoro Nahles prevede che, pur liberi di proliferare, i sindacati non possano accedere alla contrattazione collettiva senza dimostrare di avere «i numeri». Starà poi al giudice del lavoro stabilire se una sigla può indire uno sciopero senza il consenso delle altre. Ieri il Bundestag ha avviato le prime audizioni: a sostenere le ragioni del ddl c'era l'Associazione dei datori di lavoro (Bda), ma neppure il potente sindacato IG Metall (2,7 milioni di tesserati) sarebbe contrario. Il Bundestag licenzierà il testo il 22 maggio; il Bundesrat, il Senato federale, lo farà a sua volta il 12 giugno. Torna dunque la rimpianta pace sociale? Non proprio. E lo scontento riguarda ancora il governo.
Proprio oggi il sindacato Ver.di, seconda sigla tedesca per numero di iscritti, pubblicherà il risultato della consultazione condotta fra i tesserati del sociale. Dopo cinque tentativi andati a vuoto per rinnovare il contratto dei lavoratori degli asili, Ver.di ha proposto uno sciopero unbefristet , a tempo indeterminato.
«Crediamo che l'agitazione verrà convocata, ma non ne siamo troppo contenti, per noi è sempre l'ultima spiaggia», spiega una portavoce, lamentando la rigidità della controparte, l'Associazione dei datori di lavoro municipali (Avk). «Certo, aiuterebbe se almeno il governo spendesse due parole...».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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