Di Maio bombarda l'intesa sull'Ilva

Il Mise farà un'inchiesta: «Ci sono irregolarità». Il Pd: «Vogliono chiuderla»

Di Maio bombarda l'intesa sull'Ilva

Taranto Prima i dubbi sollevati in una lettera dal governatore pugliese Michele Emiliano, poi le criticità rilevate dall'Anticorruzione, infine le bordate lanciate alla Camera dal ministro dello Sviluppo Luigi Di Maio sulle procedure che hanno portato alla cessione dell'azienda ad ArcelorMittal: fatto sta che nel giro di una decina di giorni il destino dell'Ilva di Taranto appare a dir poco incerto, una situazione che tiene con il fiato sospeso migliaia di lavoratori che speravano finalmente di aver voltato pagina e che invece sono nuovamente costretti ad attendere il verdetto del governo. Che dovrebbe comunque prendere una decisione in tempi brevi.

Almeno così sperano gli 11mila lavoratori di Taranto oltre a quelli dell'indotto. «Ho avviato tutte le verifiche, il rammarico è che è stato perso un anno dietro a questa procedura di gara e oggi ci ritroviamo con l'Anac che dice proprio quello che noi temevamo, e cioè che ci sono delle criticità», dichiara il vicepremier pentastellato. Il quale precisa che «adesso, tra indagini interne al ministero, Avvocatura dello Stato e commissari cercheremo di capire che cosa è successo: dopo di che faremo tutte le valutazioni». Insomma, le lancette che ormai da anni scandiscono le infinite giornate di agonia dell'Ilva tornano drasticamente indietro. Ma sul punto Di Maio è netto. «Le criticità rilevate dall'Anac sono macigni, dichiara e questo governo, io in primis, non possiamo far finta di niente come è accaduto per troppo tempo».

Il caso non è soltanto un tema industriale di primissimo piano, considerato che in ballo c'è la sorte del più grande stabilimento siderurgico d'Europa, ma è anche questione politica. E la palla finisce ben presto nel campo del Pd. E se l'ex ministro dell'Industria Carlo Calenda assicura che non c'è stata alcuna irregolarità, la deputata pugliese Teresa Bellanova, responsabile Pd per il Mezzogiorno, invita il vicepremier a dire chiaramente «se vuole chiudere l'Ilva, continuare la propaganda da campagna elettorale e portarci alla decrescita infelice». E interviene, senza mezzi termini, anche il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani di Forza Italia: «Manca una politica industriale del governo».

Intanto ArcelorMittal difende il suo progetto, sottolinea la propria «competenza tecnica e ambientale che non teme confronti nel settore», fa riferimento alla «solida capacità finanziaria» e assicura di essere «il miglior garante delle future sorti di Ilva che ha sofferto per troppo tempo di una profonda mancanza di investimenti». Tuttavia la partita sulla cessione ormai è riaperta. Di Maio non molla e nel suo intervento alla Camera entra nel merito. «L'offerta di AcciaItalia guidata dal gruppo Jindal dichiara era la migliore, ma nel bando metà del punteggio era dato dal prezzo». Ma non è tutto. Perché secondo il vicepremier «è stato leso il principio della concorrenza: la procedura è stata un pasticcio, le regole del gioco sono state cambiate in corsa. Il pasticcio qui aggiunge - lo ha fatto lo Stato e non l'azienda, lo ha fatto il ministro quando ha bandito questa gara e su questo chiederemo il massimo di chiarezza perché se qualcosa non è andata io voglio capire perché e di chi sono le responsabilità».

Di Maio ammette di essere consapevole che «il tempo è poco», e dedica «questa procedura di accertamento

ai cittadini del quartiere Tamburi», il rione di Taranto a ridosso dell'azienda pesantemente colpito dall'inquinamento, dove però in queste ore la paura si mescola alla rassegnazione e la gente chiede che si faccia presto.

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