Di Maio salva la poltrona. Ma scatena il caos nel suo partito

Malumori all’interno di Impegno Civico dopo l'inciucione con Letta: le condizioni imposte dal Partito Democratico non riguardano tutta la truppa di ex 5 Stelle

Di Maio salva la poltrona. Ma scatena il caos nel suo partito

“L’accordo con il Partito Democratico è l’inizio di un lungo cammino”: così, fiero, Luigi Di Maio al termine dell'incontro con Enrico Letta che ha sancito l'accordo elettorale tra Impegno Civico e i dem. Dopo SI-Verdi, anche gli ex 5 Stelle entrano a fare parte dell’ammucchiata anti-centrodestra. Tutti hanno idee diverse su tutto, ma per la poltrona non si guarda in faccia nessuno. Anche se la mossa di Gigino non è stata accolta di buon grado da tutti.

“Questa è una grande sfida, la grande ambizione di Impegno civico, è aggregare”, l’analisi di Di Maio rivendicando l’accozzaglia e promettendo nuovi ingressi, in stile calciomercato. L’obiettivo, come dicevamo, è quello di arginare il centrodestra: a sinistra sono semplicemente terrorizzati. Ma la poltrona ha sempre il suo fascino. E, secondo Libero, in Impegno Civico c’è chi è pronto a scatenare una sommossa. Secondo molti “dimaiani”, le condizioni imposte dal Nazareno non contemplano tutta la truppa.

Entrando nel dettaglio dell’accordo stretto tra Letta e Di Maio, arrivato dopo le intense con Calenda, Bonelli e Fratoianni, questa dovrebbe essere ripartizione: Pd 58% dei collegi uninominali, Azione 24%, Verdi e Sinistra Italiana 14%, Impegno Civico 4%. Briciole, dunque, per i “traditori” del Movimento, ora pronti a scatenare la bufera. Molti, infatti, hanno salutato Conte dopo il no alla deroga al tetto dei due mandati, nella speranza di una ricandidatura. Tradotto in altre parole, per non tornare a lavorare.

Molti fedelissimi di Gigino non sono intenzionati a firmare le candidature. Lo scioglimento di Impegno Civico all’interno di quello che chiamavano il Partito di Bibbiano è una bella botta. Di Maio salva la sua poltrona, ma gli altri restano in bilico. Insomma, l’ammucchiata guidata da Letta ha creato più scontenti che altro. E la sua tenuta è ancora tutta da vedere: Calenda per il momento non ha preso posizione, ma difficilmente non dirà la sua a stretto giro di posta.

“Della sorte di Di Maio, D'Incà, Di Stefano e compagnia non ce ne importa nulla. Al contrario, prima tornano alle loro professioni precedenti meglio è per il paese”, le parole dell’ex titolare del Mise venerdì. Ne vedremo delle belle.

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