L'opportunismo politico ci ha abituato a repentini voltafaccia e cambi di posizione sui temi più disparati ma la nonchalance con cui Pierfrancesco Majorino, candidato della sinistra alla regione Lombardia, è passato dall'essere favorevole al velo islamico in un voto all'europarlamento, alla difesa della libertà delle donne in Iran, è sorprendente.
Pochi giorni fa Majorino ha partecipato a una manifestazione fuori dal consolato iraniano a Milano per «protestare contro le violenze del regime» scandendo lo slogan «Donna, Vita, Libertà». E proprio la libertà di non indossare il velo islamico è una delle principali richieste delle donne iraniane dopo la drammatica morte di Mahsa Amini. Peccato che a ottobre scorso, durante il voto sul bilancio dell'Ue per il 2023, l'europarlamentare Majorino si fosse opposto a un emendamento che ribadiva «profonda preoccupazione per il fatto che la Commissione europea abbia recentemente finanziato o cofinanziato campagne di promozione dell'hijab, in cui si afferma ad esempio che la libertà è nell'hijab» insistendo sul fatto che «il bilancio dell'Unione non dovrebbe finanziare alcuna futura campagna che possa promuovere l'hijab, banalizzando indirettamente l'obbligo del velo».
Il divieto di stanziare soldi dei cittadini europei per promuovere il velo islamico non è passato. E come chiede l'europarlamentare Silvia Sardone «che credibilità può avere dunque Majorino che, di fatto, sostiene il valore islamico e chi lo vede come simbolo di libertà? Come fa a esprimere vicinanza alle donne che combattono per i propri diritti e poi supportare il finanziamento di iniziative che promuovono il velo islamico come strumento di integrazione».
Come se non bastasse il caso Qatargate, il voto di Majorino pone una questione rilevante
non solo di opportunità ma anche di credibilità: se si difende la libertà occorre farlo in ogni frangente e la difesa delle donne contro l'obbligo di indossare il velo islamico vale sempre, tanto in Iran quanto in Europa.
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