La maledizione biblica del giudice intoccabile

I magistrati sopra la legge

La maledizione biblica del giudice intoccabile
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Già nell'Antico Testamento (Libro del Siracide, 8, 14) era scritto: «Non muovere causa a un giudice, perché giudicheranno in suo favore secondo il suo parere». Nulla pare cambiato, da quel tempo ad oggi. E ciò, nonostante in Italia sia in vigore (dal 1988) una legge appositamente dedicata alla responsabilità civile per danni cagionati nell'esercizio di funzioni giudiziarie.

Si sa che l'approvazione di tale legge fu l'epilogo non del caso, ma di un caso: il caso «Tortora», senza il quale sarebbe stato difficile raccogliere le firme necessarie per una richiesta di referendum popolare, il cui esito fu plebiscitario. Ma questa legge (la c.d. legge Vassalli), così tanto auspicata, ha tradito la volontà espressa dal popolo italiano, risultando scarsamente applicata: dal 1988 ad oggi, infatti, su centinaia di azioni di responsabilità civile proposte (e non senza remore, dettate dal rischio insito in ogni forma di «lesa maestà»), si sono registrate condanne in non più di una decina di casi. Perché un numero così sparuto? Le ragioni tecniche possono essere così riassunte: (i) filtro di ammissibilità dell'azione risarcitoria (un'autentica tagliola); (ii) condizioni rigorosissime per la sua proposizione, fra cui l'esperimento di tutti i possibili rimedi processuali; (iii) termini brevi di decadenza e di prescrizione; (iv) responsabilità diretta esclusivamente dello Stato, con successiva facoltà di rivalsa nei confronti del singolo magistrato danneggiante (comunque limitata a una parte del suo stipendio); (v) clausola c.d. di salvaguardia, in forza della quale non può dare mai luogo a responsabilità l'attività di interpretazione del diritto e di valutazione del fatto o delle prove (come se ci fosse una legge che prevede che i medici non rispondono quando svolgono attività di diagnosi, di prognosi, di cura e di intervento chirurgico, o che i commercialisti non rispondono quando predispongono dichiarazioni dei redditi e curano adempimenti fiscali). E la situazione è rimasta invariata anche dopo che l'Italia ha subìto una procedura d'infrazione europea, che ha costretto il Parlamento italiano ad intervenire nuovamente nel 2015. Si è trattato, infatti, di modifiche che hanno inciso solo su alcuni aspetti della legge del 1988, e cioè: abolizione del filtro di ammissibilità, estensione della responsabilità civile alle violazioni manifeste della legge o del diritto europeo, previsione di un obbligo, e non più di una facoltà, di rivalsa da parte dello Stato verso il magistrato danneggiante.

A nulla è valso proporre un ulteriore referendum popolare sulla responsabilità diretta dei magistrati, perché a bocciarlo sul nascere ha provveduto la Consulta nel 2022. Eppure, se la funzione giurisdizionale comporta l'esercizio di un potere pubblico, quest'ultimo a sua volta reclama secondo uno dei princìpi fondanti dello Stato di diritto un corrispondente sistema di responsabilità. In definitiva, è rimasto invariato il modello burocratico-corporativo di stampo napoleonico, essendo tuttora contemplata una responsabilità civile indiretta e limitata del singolo magistrato (peraltro, non imposta dalla nostra Costituzione). Ma la vera ragione della «irresponsabilità» di tale categoria sta soprattutto nella circostanza per cui un magistrato chiamato a rispondere per il proprio operato viene evocato in un giudizio dinanzi a un (altro) magistrato.

Anche un ragazzino capirebbe che il gioco è truccato. Il problema è che in molti casi vissuti da cittadini sulla loro pelle non si tratta di un gioco, ma di un giogo (per chi si trovi danneggiato da errori giudiziari).

Al di là delle proposte di riforma sinora avanzate, dunque, fino a quando imperverserà una regola che prevede che il danneggiante venga giudicato da un altro suo collega, persisterà la «irresponsabilità» del giudice (canis non est canem!), sicché il mònito biblico, citato all'inizio, rimane purtroppo attuale.

*Professore associato di diritto privato presso l'Università degli Studi di Milano

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