Manovra, un contributo dal sistema bancario per proseguire il taglio delle tasse

Giorgetti intende convincere gli istituti ad alzare i tassi sui conti correnti e aumentare così il gettito

Manovra, un contributo dal sistema bancario per proseguire il taglio delle  tasse
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Le cinque principali banche italiane (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Bper e Mps) nei primi sei mesi di quest'anno hanno totalizzato 12,6 miliardi di profitti, con un incremento del 20% circa sullo stesso periodo dell'anno scorso. A contribuire in maniera determinante è stato il margine di interesse (ossia la differenza tra i tassi applicati ai prestiti e quelli sui depositi), che ha sfiorato i 20 miliardi di euro con una crescita annua superiore al 10%, un ritmo dieci volte superiore a quello stimato per il Pil quest'anno. Secondo le stime dell'Ufficio analisi e ricerche della Fabi (il principale sindacato dei bancari), gli utili 2024 potrebbero attestarsi tra i 45 e i 50 miliardi di euro (40,6 miliardi l'anno scorso) se il trend in corso dovesse proseguire e il gettito per lo Stato potrebbe superare gli 11 miliardi.

Ecco il motivo per il quale il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, ha intenzione di operare una moral suasion nei confronti del sistema bancario italiano per convincerlo a contribuire ulteriormente alla finanza pubblica, ancor più di quanto già non faccia. A settembre, una volta che sarà stato pubblicato il Piano strutturale di bilancio (con la traiettoria di riduzione del deficit) e, soprattutto, una volta noti i dati delle entrate fiscale dei primi 8 mesi comprensivi delle autoliquidazioni e della quinta rata della rottamazione-quater (che scade il 15 settembre), l'intenzione sarebbe quella di verificare con i banchieri e con la loro rappresentanza, l'Associazione bancaria italiana (Abi) la possibilità di aumentare i tassi sui depositi. Basterebbe solo concedere solo mezzo punto di tasso attivo in più per far sì che dalla tassazione al 26% dei rendimenti dei conti correnti si ricavino circa 2 miliardi di euro. L'intenzione è quella di non emanare nessun provvedimento legislativo in merito (anche per non incorrere in rischi di incostituzionalità), ma limitarsi a un'opera di convincimento.

Ovviamente, si tratta di un discorso che andrà portato avanti in vista della legge di Bilancio la cui presentazione è attesa entro il 15 ottobre alla Camera. È necessario, tuttavia, comprendere quale sia la base di partenza su cui eventualmente trovare un punto di incontro. Nello scorso mese di maggio (ultimo dato disponibile) sui conti correnti di imprese e famiglie giacevano circa 1.310 miliardi la cui remunerazione media era dello 0,39% per i conti della clientela privata e dell'1,03% per quelli business, un po' di più rispetto allo zero assoluto di un paio di anni fa quando, però, la Bce non aveva ancora iniziato la stretta che avrebbe portato i tassi fino all'attuale 4,25 per cento. I prestiti alle imprese nello scorso maggio costavano in media il 5,91% annuo, mentre i tassi sui mutui si attestavano al 4,04% (ma solo perché questi prestiti si regolano sui tassi di mercato che al momento indicano una discesa del costo del denaro; ndr). Sempre nello stesso mese di maggio il credito al consumo costava il 10,66% l'anno.

Gli istituti di credito italiani, quando sono ben gestiti, non hanno difficoltà a rendere quasi automatico il flusso di cassa derivante dall'attività creditizia che, a differenza delle concorrenti straniere molto più impegnate nel trading, resta il core business. Chiamare le banche a contribuire sotto questo profilo rinunciando a una parte della marginalità senza, però, essere gravate da ulteriori imposte potrebbe essere una soluzione vincente. D'altronde, ieri Piazza Affari è stato il miglior listino europeo (+0,5% l'indice Ftse Mib), trascinato proprio dal settore bancario. L'esatto contrario di quanto accaduto due settimane fa quando si diffusero i rumor circa la possibile introduzione di un contributo di solidarietà a carico degli istituti.

In ogni caso, l'azione sulle banche è solo uno dei piani operativi del governo in vista della manovra 2025 e che comprendono anche i risparmi dai ministeri (attese razionalizzazioni per almeno 2 miliardi di euro) e la revisione delle spese fiscali.

Anche dalle tax expenditures potrebbero essere conseguiti risparmi analoghi avvicinando così le disponibilità ai 24 miliardi di euro che garantirebbero definitivamente la conferma di taglio del cuneo e accorpamento delle aliquote Irpef e, forse, anche la riduzione del carico fiscale per i redditi intorno ai 50mila euro, tra i più penalizzati dall'Irpef.

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