Guerra in Israele

Il manuale digitale per l'insurrezione: "Dobbiamo fare danni allo Stato ebraico"

Un "tutorial" con istruzioni per creare discredito e "perdite materiali" a Tel Aviv

Il manuale digitale per l'insurrezione: "Dobbiamo fare danni allo Stato ebraico"

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Il manuale digitale per l'insurrezione: "Dobbiamo fare danni allo Stato ebraico"

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«Antisionisti di tutto il mondo, unitevi». Scende in campo l'internazionale dell'intifada. Il G7 dell'intolleranza. Dagli Stati Uniti all'Italia, la rivolta per il boicottaggio di Israele si estende e s'infiamma oltre le aule delle università. Oltre i confini.

Ora i promotori della protesta intendono infatti generalizzare l'escalation per portare le sommosse nella società civile, in tutto il mondo occidentale. Lo hanno esplicitato loro stessi: «Vogliamo inserire l'Italia in un contesto di lotta globale. Siamo pronti a una nuova fase della mobilitazione». A suonare la carica contro «l'entità sionista» (così definiscono lo Stato ebraico) sono stati i relatori che nelle scorse hanno animato una diretta organizzata dall'associazione dei Giovani palestinesi sulla piattaforma Twitch. Nello spazio virtuale, per oltre due ore, si sono alternate le voci di chi sta fomentando le proteste nei campus universitari statunitensi, in Gran Bretagna, in Francia e in Italia. Ad ascoltare quelle testimonianze, assieme ad altre settecento persone, c'eravamo anche noi, che subito ci siamo resi conto di dove si andasse a parare. «Abbiamo bisogno di proteste sempre più forti. Le nostre azioni devono causare rumore, danni alla reputazione delle istituzioni accademiche vicine a Israele e perdite materiali che, come effetto, costringano gli atenei a spostare i loro investimenti», ha infatti esclamato un'attivista collegata dalla Palestina. E dagli Usa è rimbalzato il medesimo incitamento alla sommossa: «Qui stiamo agendo su due livelli, nazionale e locale. La rivolta è contro tutte le forze imperialiste che opprimono i palestinesi». A Lione, in Francia, gli studenti hanno dovuto fare i conti con il rigore delle autorità universitarie, mentre negli atenei britannici sono comparsi i primi accampamenti di tende pro-Gaza, così come avvenuto nelle scorse ore a Bologna. E proprio nel capoluogo emiliano, apripista della nuova mobilitazione in Italia, decine di attivisti si sono organizzati per seguire la diretta Twitch su un improvvisato maxi-schermo. «L'auspicio è che Bologna sia l'inizio di una grande stagione di lotta», hanno scandito nell'incontro online. Adesso, infatti, indossare la kefiah e occupare i rettorati non basta più: «L'escalation della lotta è necessaria perché non si parli solo di un temporaneo boicottaggio, ma di una trasformazione radicale capace di smantellare il sistema capitalista. Dobbiamo allargare la mobilitazione a tutti i settori della società». Parlare di semplici proteste studentesche è ormai riduttivo: l'intifada globale lanciata dalle università è ben strutturata, almeno nelle intenzioni. Il nuovo ciclo di lotte è pronto a divampare anche in Italia e i collettivi rossi hanno già fissato in calendario una data d'avvio: 15 maggio.

Aspettiamoci di tutto.

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