Tu chiamalo, se vuoi, ultraconservatore. Ma è davvero solo questo? Chi è Janez Jana, tornato al potere per la terza volta non consecutiva a marzo 2020? Premier sloveno da cento tweet al giorno, sarà il «negoziatore» n° 1 del Vecchio Continente per i prossimi sei mesi. Domani la Slovenia assume la presidenza di turno del Consiglio Ue, l'organismo dove i ministri nazionali discutono la legislazione comunitaria. E con una Commissione in crisi di nervi, per il mancato rispetto dei diritti fondamentali in taluni Paesi membri, sarà compito di Jana mediare: tra le strigliate di Ursula Von der Leyen e le fissità dell'ungherese Viktor Orbán.
C'è però un'amicizia in chiaroscuro, tra l'inossidabile leader di Lubiana e il magiaro. E una storia personale, quella di Jana, che val la pena ricordare per inquadrare il personaggio che da 30 anni domina la scena slovena. Oggi è un capo di governo soprannominato in patria «maresciallo Twitto» (calembour tra il popolare social network e il dittatore jugoslavo Tito, di cui fu oppositore guadagnandosi poi un posto nel governo). E per la seconda volta dall'adesione slovena all'Ue si trova immerso in una gigantesca agorà dove le voci sono altamente dissonanti.
Rispetto a 13 anni fa, quando Jana (già al potere) pronunciò un discorso dai tratti autobiografici ricordando le persecuzioni comuniste, sembra passato un secolo. Capovolto. Oggi i radar della commissione Von der Leyen puntano il dito contro la mancata libertà di espressione e gli atteggiamenti ostili del leader nazionalista ungherese. Jana è però in piena sintonia con le politiche di Orbán, di cui è diventato un alleato di ferro (specie dopo la campagna elettorale 2014 dalla prigione di Dob, dov'era finito per corruzione: condanna poi revocata dalla Corte Costituzionale e nuovo processo scampato grazie alla prescrizione).
Sarà lui a «gestire» la singolar tenzone in corso? «L'Ue si trova dinanzi a sfide che può affrontare solo se è unita, libera e in pace con se stessa», dice. Ma come riuscirci? Beh, certo il 62enne Jana è un esperto di piroette, giravolte, contraddizioni e sbalzi della Storia. Tra luci e ombre, vittorie e sconfitte brucianti, ha collezionato cambi di fronte e affermazioni di misura, in un Paese giovane, la Slovenia, che lui considera tuttora imbevuto di vetero-comunisti che infestano i Palazzi di giustizia, i giornali e i media in generale, col pallino di montare casi contro il suo Partito democratico (Sds).
Nel 2016 definì «prostitute da 30 e 35 euro» due croniste che lo attaccavano. E nell'A.D. 2021 minaccia regolarmente tagli alla tv pubblica in favore di finanziamenti a reti private come Nova24TV, nata nel 2015 anche su suo input, dura come lui con musulmani e comunità Lgbt.
«Scudato» dall'emergenza Covid, il Parlamento sloveno ha concesso poteri speciali al suo esecutivo, permettendo ai detrattori di Orbán di associare così anche Lubiana a una «deriva autoritaria». Ma Jana resta pure uno dei padri fondatori della Slovenia democratica. Sfacciatamente sconsiderato nei cinguettii, è un fiume in piena, al punto da aver attribuito a Trump la vittoria.
Oggi guida un traballante esecutivo di centrodestra, dall'impronta nazionalista: se non xenofobo tout-court, fortemente anti-immigrazione (clandestina), in un Paese con piazze pronte a chiedere ogni venerdì le sue dimissioni per l'intrapresa «crociata» contro la libera stampa; altro punto di frizione con Bruxelles. Per Orbán, Jana è invece parte di «un club speciale di veterani della libertà». Ha incontrato Giorgia Meloni e il premier polacco Morawiecki. Ma è stato pure ricevuto all'Eliseo da Macron. Insomma un Uno, Nessuno e Centomila.
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