L'alleanza siglata col patron dei repubblicani segna l'ennesima evoluzione dell'animale politico Marine Le Pen. E potrebbe far saltare la diga che finora le ha impedito di governare davvero.
Mai così vicino alle porte del potere, il partito guidato da BleuMarine - tre volte perdente alle presidenziali dal 2012 al 2022 - si è trasformato da Cenerentola politica a specchio di un'ampia fetta di società: stufa, in particolare, degli equilibrismi decisionali che hanno trasformato la Macronie in un eterno gioco dell'Oca, fra sinistra e destra. La Francia ha dato un segnale inequivocabile: vuol cambiare guida al più presto dopo aver sperimentato la destra sarkozista, la gauche socialista e infine l'ibrido liberale del capo iper-attivo costantemente in lotta con la storia.
L'innegabile successo lepenista alle europee non è però tutto merito di Marine, che certo ci ha messo del suo per far progredire un cartello che fino a qualche anno fa a Parigi veniva votato da un manipolo di militanti e che alle scorse elezioni ha ottenuto 88 deputati e due vicepresidenze all'Assemblea nazionale. Ma che il Rn diventasse il vertice di un probabile tripolarismo francese, tutto ancora da sperimentare, nessuno, forse neppure lei, se l'aspettava davvero.
I segnali che premiano la nuova fase c'erano già; anche se certi commentatori ancorati al vecchio pregiudizio li hanno ignorati. E non provenivano soltanto dalla Francia rurale. Nella tornata europea, per dire, il Rn si è piazzato quarto nel quartiere di Parigi che va dal Trocadero alla Fondazione Louis Vuitton, superando l'11% nel feudo neogollista e andando bene nel sud della capitale, in prossimità (guarda caso) delle stazioni Montparnasse, Austerlitz, Lyon.
Che qualcosa fosse in atto era chiaro da tempo: i voti sottratti alla destra, i corteggiamenti locali, i sindaci eletti e gli astenuti, avvicinati e convinti a votare. Così, «d'improvviso», il partito di Le Pen è diventato un Suv pronto a trainare il partito che fu di Sarkozy in una strada tutta ancora da battere. Ma come è arrivata, Marine, a conquistare elettori che dai tempi di Chirac vedevano gli eredi del Front National come pericolo e non come soluzione? Negli anni, si è scrollata la polvere di dosso, della storia del padre e di un partito che aveva posizioni a tratti inquietanti; senza nasconderla sotto al tappeto, come pure qualche fedelissimo chiedeva. Ha messo un abito nuovo al movimento, ribattezzandolo Rassemblement per dar senso compiuto al percorso di maturazione. Un cantiere: avviato con i giovani attratti dai suoi messaggi pragmatici e dal cocktail della «dédiabolisation». Ai ventenni non interessa la storia del passato, ma le idee del presente per il futuro. E alle famiglie, che si trovi un medico a pochi km e che i prezzi dei mercati non siano proibitivi.
Marine ha imbarcato poi vecchi leoni della destra repubblicana come Thierry Mariani (già ministro di Sarko tacciato dagli avversari d'essere una Quinta colonna di Mosca).
E senza rinunciare alle idee forti, ora è scattata l'ambizione di portare a Matignon (sede dell'esecutivo) il suo delfino Bardella, 28 anni, il ragazzo venuto dalla banlieue che ben si sposa con i mutamenti sociali in corso. L'opportunità gliel'ha offerta Macron, quando a lei mai è stata concessa (dal sistema) l'opzione Eliseo.
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