Marine perdente di lusso punta l'Eliseo

Sarà la quarta corsa. Il suo consenso peronale è alto. E può approfittare dell'ingovernabilità

Marine perdente di lusso punta l'Eliseo
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Marie-Caroline Le Pen non ce l'ha fatta. Questa volta per un niente: nel collegio della Sarthe, nel Nord Ovest del Paese, è stata battuta per 225 voti dalla candidata di France Insoumise. Era la quinta volta che correva per entrare in Parlamento e per la quinta volta è stata sconfitta. Ma non è sembrata perdersi d'animo: «Siamo stati vittime delle solite porcherie elettorali», ha commentato furibonda.

La grinta di Marie-Caroline è identica a quella della sorella minore Marine, che nella serata della sconfitta, parlando con il canale televisivo Tf1, ha fatto buon viso a cattivo gioco: «La marea sta salendo. Questa volta non abbastanza, ma la nostra vittoria è solo rimandata». E, nonostante i musi lunghi di queste ore, potrebbe essere davvero così. Battuta da un'alleanza «contro-natura», così ha definito il matrimonio d'occasione tra estrema sinistra e centristi, la leader del Rassemblement National mantiene intatto il suo obiettivo: le presidenziali del 2027. Sarà la quarta corsa per l'Eliseo e il suo bottino è sempre cresciuto. Nel 2012 al primo turno incassò il 17,9% dei voti e non riuscì nemmeno ad arrivare al ballottaggio. Nel 2017 al secondo turno la votò il 34% dei francesi, in tutto 10,6 milioni di persone. Nel 2022 al ballottaggio a darle fiducia furono 13,3 milioni di elettori, il 41,5% del totale. Nel secondo turno delle legislative, l'altro giorno, i voti per il suo movimento sono stati 8,7 milioni, che diventano 10 se si tiene conto dell'Union de l'extreme droîte, il gruppo dei fuoriusciti Republicains che seguendo il numero uno Éric Ciotti, si erano alleati con il movimento della Le Pen. Una cifra che corrisponde al 32% dell'elettorato, il 37 includendo chi ha votato per gli ex gollisti.

Proprio in questa differenza di percentuale, in un voto che era di fatto un referendum sul Rn al governo, sta una delle chiavi per capire il risultato di domenica scorsa: il marchio Le Pen è più forte di quello del suo partito. Marine Le Pen, insomma, piace più dei suoi candidati. E in questo paragone si può comprendere anche Jordan Bardella, che pur molto popolare, non ha ancora lo standing della leader del movimento.

Quando Emmanuel Macron, dopo le elezioni europee, ha scompaginato il mondo politico francese sciogliendo il Parlamento, la stampa francese ha parlato di «Plan Matignon» (Matignon è la sede del governo) per indicare la strategia adottata dal Rassemblement National per dotarsi di una classe dirigente e di candidati che potessero sfidare sullo stesso livello i concorrenti. Secondo i resoconti l'operazione era studiata da mesi per radicare sul territorio i successi elettorali della Le Pen stessa.

Qualunque fosse il contenuto del piano, non sembra avere funzionato e gli avversari del Rn hanno avuto gioco facile nel mettere alla berlina un gruppo di candidati in cui non mancavano gli antisemiti e i no-vax, gli ex componenti di associazioni estremiste e i razzisti puri e semplici . Non proprio un tipo di politici in grado di rappresentare quella «forza tranquilla» in grado di essere competitiva.

A peggiorare le cose ci ha pensato lo stesso Bardella, che messo alle strette per questa o quella gaffe dei suoi compagni di cordata, il 3 luglio ha parlato pubblicamente di «brebis galeuses », pecore nere, finendo per ottenere il risultato opposto a quello che si era prefissato, attirando cioè l'attenzione dei media sul livello non eccelso della classe dirigente del partito.

Errori a cui ora la Le Pen ha la possibilità di rimediare. Tenendo conto, tra l'altro, che è lei a trovarsi nella posizione migliore per approfittare della situazione di ingovernabilità in cui la Francia è precipitata. Tra tre anni la rabbia dei francesi potrebbe essere ancora cresciuta. Aumentando i voti della destra.

Come ha sottolineato qualche commentatore se Bardella fosse arrivato alla poltrona da premier, i successi di governo sarebbero stati tutti suoi, gli eventuali insuccessi divisi a metà con la La Pen. Un rischio che ora Marine non corre più.

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