Marino mollato dalla sinistra Pure «l'Espresso» vuol cacciarlo

Nel Pd aumentano i critici del sindaco, scaricato dal settimanale: lasci prima del Giubileo. Soltanto Orfini lo difende ancora. E Marchini scalda i motori

Marino mollato dalla sinistra Pure «l'Espresso» vuol cacciarlo

Venghino siori, venghino . Quel gruppo di giovani, lì all'estrema destra, sullo scalone del Campidoglio? Da giorni chiedono elezioni, giustizia, pulizia. Le grida «di-mis-sio-ni-di-mis-sio-ni»? No, quelle vengono proprio dall'aula capitolina, quella del consiglio comunale di Roma Capitale. Come ha detto, Mafia Capitale? Sì, la potete ammirare alla vostra sinistra, proprio sotto lo sguardo del numero due del Pd mentre dice: «Siamo schifati». L'altro, lì accanto? No, quello è il deputato Morassut, da sempre nel Pd romano. S'è svegliato da poco: «Dobbiamo le scuse ai romani», ripete in giaculatoria penitente. Sì, proprio come quel giornale in edicola, lo storico Espresso di «Capitale corrotta, nazione infetta»: chiede che se ne vadano prima che sia «un'onta» davanti al mondo intero, nell'anno del Giubileo. Vero: lo dice anche Giorgia Meloni, aspirante sindaco. E anche Alfio Marchini, che ci aspira il doppio. Perfino Corrado Passera, ma lì è meglio inspirare.

Venghino siori , benvenuti al «Circo Orfini», come lo chiama Storace. L'unico nel quale i clown si spruzzano fango addosso, ma con l'aria di sussiego e una vocina sottile che imita D'Alema ma lo fa rimpiangere. Di nome fa Matteo, ma solo per vezzo e megalomania. Gli fanno credere d'essere il presidente del Pd, nella triste realtà è un commissario. Matteo Orfini: in vita sua tanti granchi e neppure una mosca. Al mattino, per il secondo giorno di fila, si fionda dal protagonista dello spettacolo. «Ignazio, ma sei sicuro di farcela? Cos'è questa telefonata della Decina, tua capo segreteria, con Buzzi?».

Esce, e la dà a bere (ai cronisti). «Tutto bene. Con il sindaco è stato un incontro ordinario, di quelli che facciamo quasi quotidianamente... La telefonata della Decina? Non ha nessuna rilevanza». Nel pomeriggio, il commissario tiene banco alla riunione del Pd romano, dove serpeggia furore e volano panni sporchi, anzi lerci. «Tranquilli tutti - dice tra le urla -, la soluzione non è mandare la giunta a casa».

Intanto, a Roma Capitale, la situazione precipita. Marchini sostiene che «non è più solo una questione di onestà, ma anche di dignità: è uno spettacolo avvilente». In Regione il centrodestra ha formalizzato la mozione di sfiducia verso Zingaretti, presidente del Lazio, il cui più stretto collaboratore risulta indagato nell'inchiesta che fa sprofondare nel fango la città eterna. Nella quale, il giorno dell'approvazione di una delibera che sancisce un buco di 853 milioni, la seduta è lampo, l'assessore al Bilancio vola via dopo la relazione e «il sindaco, come al solito, è assente».

Ah, già: il capo- clown , dimenticavamo. Ha disertato Consiglio e quadri romani del Pd, da lui accusati di «essere il nemico numero uno: i capibastone mi odiano, ma io mi sento all'inizio, cambierò Roma».

Ora Ignazio Marino è in moto perpetuo: nel senso che viene spesso avvistato in bici, senza che riescano a prenderlo. «Io mi ci gioco la vita», ha detto. Anche noi, tutti i giorni: nelle buche dei sanpietrini, nella pochezza melmosa di questa classe politica.

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