Non sarà un'estate normale. Il netto calo dei contagi e delle ospedalizzazioni ce lo aveva fatto credere, ma poi anche l'Italia si è ritrovata alla prese con la crescita della variante Delta che sta cambiando gli scenari, facendo aumentare i nuovi casi del 41,2% rispetto alle infezioni degli ultimi sette giorni. «L'ampia distribuzione dei nuovi casi sul territorio nazionale indica una ridotta ma persistente circolazione diffusa del virus nel nostro Paese», si legge nel monitoraggio settimanale Iss-ministero della Salute. In Italia abbiamo qualche settimana di vantaggio rispetto a Paesi come la Gran Bretagna, la Spagna e il Portogallo, dove è ormai prevalente, ma gli esperti sono in allerta e il governo è pronto ad intervenire prima che sia troppo tardi. Anche a costo di frenare il ritorno alla normalità per evitare di commettere gli errori della scorsa estate. Basta osservare quello che sta accadendo in Europa per immaginare quello che potrebbe presto accadere da noi.
C'è il contenuto di uno studio pubblicato dal Corriere della Sera, che analizza l'evoluzione dell'epidemia in Italia e all'estero, a preoccupare l'esecutivo, prevedendo un balzo dai 3mila nuovi casi del mese di luglio agli 8mila - che potrebbero arrivare anche a 11mila - di fine agosto. La ripresa a settembre, compresa quella della scuola, potrebbe dunque essere tutta in salita. Anche se i vaccini questa volta dovrebbero fare la differenza. L'intenzione è comunque quella di giocare d'anticipo, visto che nel nostro Paese la Delta è destinata a diventare dominante a fine di agosto. Per questo il governo si sta preparando ad intervenire per arginare la crescita dei nuovi casi. Non solo intensificando sequenziamento, tracciamento e aumentando il numero dei tamponi, ma ipotizzando nuove strette. Il ministro Speranza ha intenzione di muoversi con prudenza e di non fare passi falsi proprio ora che il Covid sembrava stesse perdendo terreno. Sarà la cabina di regia in programma in settimana a decidere le prossime mosse ed eventuali nuove misure di contenimento. Perché appare assai improbabile che si decida di seguire l'approccio britannico della convivenza con il virus nonostante l'impennata dei contagi. Le prime a saltare potrebbero essere le zone bianche. Il solito automatismo farebbe scattare il passaggio in arancione per quelle regioni dove l'incidenza supera i 50 casi ogni 100mila abitanti. Il prossimo monitoraggio sarà fondamentale per capire in quali territori la Delta ha fatto aumentare i positivi fino al livello di guardia. Ma è anche possibile che la cabina di regia decida di accogliere la richiesta di quei governatori che chiedono di cambiare i parametri per il passaggio di fascia delle regioni: non più solo i dati epidemiologici potrebbero determinare il cambio di colore, ma anche quelli relativi alla pressione sugli ospedali. Soprattutto ora che grazie alla campagna vaccinale l'impatto del rialzo dei contagi sui ricoveri dovrebbe essere più contenuto. Seppur gli scienziati temano che una ripresa delle infezioni possa tornare a pesare sul sistema sanitario. Sul tavolo del governo c'è anche la questione mascherine. Accantonata per ora l'ipotesi dell'abolizione dell'obbligo al chiuso, si torna piuttosto a discutere del loro ritorno all'aperto in zona gialla.
Alla luce di quello che sta accadendo in Spagna tra i giovani, rischia di allontanarsi anche l'apertura delle discoteche. Troppo rischioso ripartire ora con la variante che avanza. Neanche con il green pass. Destinato, quest'ultimo, a breve a diventare un vero e proprio lasciapassare. Usato non solo per viaggiare.
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