Matrimoni, istruzione e lavoro. Così l'islam soggioga le donne

In Italia ogni anno nozze combinate per 2mila ragazze Sette su dieci lasciano la scuola. E non cercano impieghi

Matrimoni, istruzione e lavoro. Così l'islam soggioga le donne

«Per quanto io sia nata qui, per quanto un altro arabo di seconda generazione possa essere nato qui, se i genitori sono chiusi mentalmente, ciao!», spiegava N., una ragazza italo-tunisina intervistata per una ricerca su «Integrazione ed estremismo» in Italia. E la giovane di seconda generazione aggiungeva: «Mi fanno tenerezza le ragazze o i ragazzi che non riescono a vivere la loro italianità o il loro essere occidentali perché hanno i genitori alle spalle molto più legati alla cultura di origine e quindi pretendono che questa sia trasmessa ai loro figli». E se non ci riescono, i padri-padroni, assieme ai figli maschi, si macchiano di delitti orribili come la tragica fine di Sana Cheema.

In Italia sarebbero addirittura 2mila ogni anno le minorenni costrette a sposarsi con uomini più grandi nei paesi di origine. La piaga dei matrimoni imposti, secondo stime governative, riguarderebbe il 20 per cento delle unioni accertate nelle comunità islamiche in Italia. Il fenomeno è «normale» soprattutto fra pakistani, indiani (in gran parte non musulmani), marocchini ed egiziani. Per alcune comunità, come quella pakistana, potrebbero sfiorare l'80 per cento delle unioni, anche se non esistono dati precisi. L'Università cattolica di Milano rivela che ogni anno si registra una media di 150 denunce di violenze legate ai matrimoni combinati per le giovani di seconda generazione.

Un altro terreno di scontro fra la società italiana e le tradizioni familiari è la scuola. Oggi in Italia i figli di immigrati sono più di un milione e tre su quattro sono nati nel nostro paese. Sui banchi di scuola gli alunni di origine straniera sono 814mila. «Gli studi - scrivono i ricercatori dell'Istat - attribuiscono ai ragazzi con background migratorio una condizione di sospensione tra la cultura di origine e quella del paese di accoglienza». Sono soprattutto le ragazze a lasciare strada facendo i banchi. Secondo un'indagine del Miur del 2016 dei nove gruppi non comunitari a maggiore dispersione scolastica, sei sono islamici: Egitto, Bangladesh, Senegal, Pakistan, Tunisia e Marocco. E sono quelli in cui le studentesse quasi scompaiono con il passare degli anni. Solo il 33 per cento delle ragazze egiziane frequenta le scuole secondarie. Il risultato è che sette su dieci tra le donne islamiche tra i 15 e i 29 anni che vivono da noi sono «neet», ovvero non studiano né lavorano, ma fanno le mogli le mamme.

S., una ragazza italo-egiziana, intervistata per la ricerca «Integrazione ed estremismo» ammette che «a volte mio padre se ne esce con delle frasi veramente maschiliste. E mi viene da pensare: Questo è il classico, stupido pensiero arabo, che mette la donna a livello inferiore. Tipo quando gli chiedo una cosa e mi fa: Ah quando avrai i baffi potrai farlo. E queste cose mi irritano». L'aspetto curioso è che i figli spesso fanno da ponte fra i genitori poco integrati con la realtà italiana, pure a scuola quando traducono i colloqui del papà, che parla male la nostra lingua, con i professori.

E proprio a scuola i docenti si accorgono dei matrimoni imposti. «Le ragazze in estate sostengono di andare in vacanza nel loro Paese e poi non tornano più», spiega un'insegnante. Il terreno di scontro riguarda anche lo sport, potente fattore aggregante fra gli adolescenti. Per genitori integralisti alcune pratiche sportive sono oltraggiose.

Il vero terreno di scontro, però, è il vivere quotidiano nella nostra società, che preoccupa anche le famiglie italiane doc.

E non mancano le ragazze di seconda generazione molto pragmatiche. Una giovane marocchina di Milano ammette: «Ho accettato la richiesta di papà. Sposerò un uomo del mio Paese. Ma ho chiesto di poter scegliere, di vederne almeno tre o quattro».

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