Mattarella in campo: impone la linea a Conte e richiama le Regioni

Pressing su Giuseppi: coinvolgere le Camere. Poi chiama Toti e Bonaccini: collaborate

Mattarella in campo: impone la linea a Conte e richiama le Regioni

Ecco la diplomacy del Colle. Sorrisi, convenevoli, tante belle parole di incoraggiamento per i governatori collegati in videoconferenza. Con Sergio Mattarella che ascolta, si informa, chiede particolari e alla fine tira le somme: basta liti, il Paese è a forte rischio, voi e il governo dovete mettervi d'accordo. Palazzo Chigi «condivida» di più, ma le Regioni, «che hanno un ruolo decisivo nel fronteggiare la pandemia», sappiano assumersi le loro «responsabilità». Il presidente non entra nel merito delle misure da prendere. Chi ha ragione e chi ha torto non conta nulla, perché «il momento è troppo grave» per perdersi in rinfacci e recriminazioni: e siccome frenare il virus è «la priorità», a questo punto la collaborazione tra istituzioni non è più «solo un auspicio», è un obbligo per evitare il naufragio.

Il viaggio lampo a Castegnato di Franciacorta, nel cuore del Bresciano colpito dal Covid, per fare vedere fisicamente che lo Stato c'è. Le telefonate a raffica a Giuseppe Conte, per convincerlo a dialogare con il centrodestra. E ora, terza fase della moral suasion, Mattarella spunta pure sui computer di Stefano Bonaccini e Giuseppe Toti, presidente e vicepresidente della Conferenza Stato-Regioni. Il suo obbiettivo è far capire che lo scontro non serve a nessuno, che nella tragedia che stiamo attraversando bisogna lavorare insieme, che governo centrale e periferico sono due articolazioni della stessa Repubblica, non due poteri contrapposti. Lo scaricabarile, insiste, non funziona. Bonaccini e Toti si dichiarano d'accordo. «Un incontro interessante e proficuo», e il commento serale del Colle, in attesa di risultati.

Mattarella è in campo da diverse settimane. È dall'inizio della seconda ondata, dai primi spruzzi di settembre, che propone la strada della condivisione come unico sistema per uscire dai guai. I fondi del Mes pronti ma non richiesti, le chiusure a tappe, le conferenze stampa ansiogene, i messaggi contrastanti, l'indecisione di chi comanda, i contagi che corrono, la paura, la rabbia per le strade, l'immagine di un Italia divisa e incerta di fronte a un virus spietato: Conte deve aprire all'opposizione, non può pensare di continuare a fare da solo, questo il senso dei ripetuti messaggi del capo dello Stato. «Abbiamo il dovere della responsabilità - ha detto a Castegneto - Dobbiamo proseguire l'impegno mettendo da parte egoismi e partigianerie».

Per un po' il premier ha fatto finta di nulla e ha proseguito sulla sua linea. Poi, di fronte anche all'evidenza dei numeri e all'insistenza del Quirinale, ha cambiato timidamente approccio cercando di coinvolgere centrodestra e Regioni per dividere il carico di scelte impopolari. La prima offerta, una cabina di regia comune, e stata rispedita subito al mittente. «Troppo tardi - ha replicato l'opposizione - E poi il luogo del confronto esiste già, il Parlamento». Posizione condivisa pure da Mattarella, che infatti nelle ultime ore ha ripreso il pressing su Conte e lo ha convinto a sottoporre alle Camere i prossimi provvedimenti.

L'unità, gli ha spiegato, non si ottiene con le parole o con qualche telefonata di cortesia a giochi fatti. Bisogna costruirla un pezzo alla volta, con gesti concreti. E il voto delle prossime ore è un modo per fare entrare tutto il Parlamento nella gestione dell'emergenza. Ma si litiga ancora.

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