Se Lega e M5s vogliono ancora tempo, bene, non sarà questo il problema: il Quirinale «aspetta serenamente» notizie per stasera, però insomma, è disposto a concedere un'altra proroga. Se invece vogliono fare tutto da soli, allora proprio non ci siamo. «Il presidente della Repubblica non è un notaio», dice infatti Sergio Mattarella da Dogliani ricordando «la lezione di Luigi Einaudi», semmai è «uno di quei robusti contropoteri che possono impedire abusi». Quindi attenzione: il nome del premier passa dal Colle, come la «scelta importantissima dei ministri». Ma anche le misure senza un «adeguato equilibrio fra costi e coperture» devono superare il vaglio presidenziale. Niente spese pazze, nessuna deroga dalla linea atlantista e europeista.
A Mattarella arriva subito la replica di Matteo Salvini: «Einaudi va letto tutto, scrisse di un Paese fondato sull'autonomia. È un grande».
Quelli del capo dello Stato non sono paletti, spiegano dal Quirinale, perché quel termine evoca i vampiri, e nemmeno un siluro. Piuttosto è un ultimatum che piomba sul tavolo di una difficile trattativa: a 48 ore dal discorso di Firenze sul «sovranismo inattuabile» e sul controllo dei conti pubblici, Mattarella approfitta del viaggio sui luoghi di Einaudi per mandare un messaggio forte a Di Maio e Salvini sui poteri del capo dello Stato e sulla centralità del Parlamento. «Cercando sempre leale sintonia con il governo e le Camere, Luigi Einaudi si servì in pieno delle prerogative attribuite al suo ufficio ogni volta che lo ritenne necessario - spiega - Fu il caso illuminante del potere di nomina del presidente del Consiglio dei ministri, dopo le elezioni del 1953. Nomina per la quale non ritenne di avvalersi delle indicazioni espresse dal principale gruppo parlamentare, quello della Dc». Quella regola è buona pure oggi: Mattarella ascolterà la proposta dei partiti, ma poi spetterà a lui dare l'incarico per formare un governo.
Stesso discorso per la squadra. «Era tale l'importanza che Einaudi attribuiva al tema della scelta dei ministri, dal volerne fare oggetto di una nota, nel 1954, in occasione dell'incontro con i presidenti dei gruppi parlamentari della Dc, dopo le dimissioni del governo Pella». Dal passato al presente, la situazione non cambia: sulle caselle più importanti, Interno, Esteri, Economia e Difesa, il capo dello Stato vorrà dire la sua. Insomma, attenti alle scelte, ci sono vincoli europei da seguire e delle alleanze internazionali da rispettare. Quanto poi ai conti pubblici, anche qui c'è l'esempio di Einaudi, «che rinviò due leggi approvate dal Parlamento, perché comportavano aumenti di spesa senza copertura finanziaria, in violazione dell'articolo 81 della Costituzione». Ogni riferimento alla flat tax e al reddito di cittadinanza è assolutamente volontario.
Einaudi, come raccontava Flaiano, per risparmiare divideva a metà le pere con i suoi ospiti a cena al Quirinale. La sua lezione è «la penetrante moral suasion nei rapporti col governo: consigli, previsioni, esortazioni che gli valsero, da taluno, la definizione di pedante».
Però secondo il capo dello Stato la sua impostazione «tutt'altro che notarile», da «contropotere», funziona anche a giorni nostri. Einaudi fu «il moderatore dell'avvio della vita dell'Italia repubblicana». Mattarella vuol'esserlo dell'avvio del nuovo governo, Salvini e Di Maio sono avvisati.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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